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31 maggio 2012

Le donne normali, parte II

Ebbene sì, è successo di nuovo. Per chi non lo sapesse, l'argomento mi sta a cuore e ne parlai in questo post, forse meno di un mese fa. Di nuovo, una bonazza patinata in copertina che ci dice che le donne vere non portano la 38, e francamente ne ho abbastanza le palle piene. No, non ho intenzione di ripetermi, fare un'altra polemica inutile su quanto sia offensivo leggere le parole della strafiga di turno (e in questo caso stiamo parlando di una strafiga che mi piace moltissimo, come attrice e come donna) che viene a spiegarci dall'alto dei suoi miliardi e del suo successo cosa sia 'vero' e cosa no, cosa sia 'normale' e cosa invece sia irrimediabilmente sbagliato e sgradevole.
Ma voi avete idea di quanto io possa essermi sentita offesa?
Santocielo, credevo ci fossimo evoluti, credevo che i luoghi comuni sulle bionde cretine, le rosse puttane e le magroline poco autentiche fossero ormai storia passata - invece no, invece di nuovo a sparare puttanate su come dovrebbe essere una donna per essere bella, vera, normale o salcazzochecosa
Quindi, siccome ancora non mi sono iscritta a qualche corso intensivo di yoga per risolvere i miei problemini di collera e in questo momento ho le vene del collo che mi pulsano tipo Adriano Pappalardo quando sbraitava 'Ricominciamo', vi dimostrerò una cosa, e per farlo dovrò sacrificare quel poco che rimane della mia dignità e del mio pudore...nella speranza che ne valga la pena, in caso contrario lapidatemi pure.


Foto odierna: ancora a letto, il ritorno di Gesù Cristo.

Foto odierna: sveglia da pochi minuti, senza nemmeno essermi lavata la faccia.
Ciao a tutti, mi chiamo Vanna e guarda caso porto una 38, mi faccio gli autoscatti appena sveglia e completamente struccata, non mi vergogno delle mie costole né dei miei capelli privi di senso, non ho una troupe di fotografi e truccatori professionisti nascosta nell'armadio, e Vanity Fair non mi metterebbe in copertina neanche quandi farà freddo all'inferno.
Sono Vanna, sono vera e normale e porto una 38 e a volte mi cola il trucco e se percaso dimentico di depilarmi vengo scambiata per un orsetto marsicano, sono Vanna , sono vera e normale e imperfetta e proprio per questo motivo non verrò a raccontare a voi quale taglia debba portare una donna vera e normale e imperfetta, perché non lo so nemmeno io, e anche lo sapessi non sarebbero affari miei.


Sono Vanna, porto una 38 e alla faccia di Kate Winslet non solo sono irrimediabilmente vera, sono anche bellissima, bellissima così - e sono certa che lo siate anche voi, lo siamo tutte quando ci sforziamo di crederlo, fidatevi di chi l'ha voluto imparare a ogni costo per non soccombere, fidatevi di me.

29 maggio 2012

Il ragazzo di sinistra, parte I

Il ragazzo di sinistra è una specie umana assai diffusa, sopratutto nella mia vita; ne esistono di due tipi: il Wannabe Radical Chic e il Wannabe Punkabbestia, e sono uno più simpatico dell'altro.
Il ragazzo di sinistra Wannabe Radical Chic indossa Clark, non porta mai t-shirt (fanno eccezione le polo, in piena estate, dai colori smorti come il cachi, il beige o il verde spento) preferendo le camicie, meglio se a quadretti, con le maniche elegantemente arrotolate su avambracci magrissimi e pressoché glabri, da fighettina senza nerbo.
Questo determinato tipo umano di solito ha parecchi capelli, e li ama quasi quanto ama il suo pene e tutti i libri di Pasolini; è fermamente convinto di poter conquistare ogni donna (purché sia di sinistra!) solo guardandola languidamente mentre gira le pagine di un qualsiasi libro politicamente impegnato, citando Guccini come non ci fosse un domani e invitandola a eventi pidocchioso-culturali in circoli ARCI di dubbio gusto e di dubbia ubicazione, essendo le vie centrali decisamente troppo nazionalpopolari meglio andare a infilarsi nei più torbidi locali di Famagosta a raccontarci quanto ci manca Gaber.
Il ragazzo di sinistra Wannabe Radical Chic è pieno di sé al punto che se leggesse questo post penserebbe di me che sono una specie di Chiara Ferragni particolarmente velenosa, dai capelli ossigenati e le scarpe firmate, e che gli preferirei un figlio di papà azzimato e bauscietta, mentre lui punta a donne di un certo livello, prima fra tutte Concita De Gregorio di cui, ne sono sicura, cerca le foto dei piedi su Google quando si sente solo.
Sì, perché il Wannabe Radical Chic è raffinato in tutto ciò che fa: i libri che legge sono sempre i più di nicchia, i film che guarda sono sempre i più concettualmente esaltanti, le donne che si porta a letto sono sempre le più interessanti, e i suoi gusti sessuali raramente sono gli stessi di quelli del volgo.
Il Tipo in questione non dirà mai di una donna che ha un bel seno, o un bel culo, o una bella bocca: lui vi dirà che di una donna guarda tendenzialmente i piedi, le unghie, le sopracciglia e i tendini, tettecculo son cose da poveracci - di portafogli e di spirito.
Il Wannabe Radical Chic non dorme, riposa.
Non mangia, degusta.
Non beve, sorseggia.
Non studia, s'istruisce.
Non lavora, ma s'impegna politicamente affinché il mondo del lavoro possa essere migliore per tutti, perché il Radical Chic vi dirà sempre, in qualsiasi periodo storico, che non c'è lavoro.
E se gli chiederete quale tipo di lavoro va cercando, senz'imbarazzo alcuno vi risponderà che lui ci ha provato, hai voglia se ci ha provato, a farsi assumere come amministratore delegato dell'Adelphi ma proprio non l'hanno preso, sistema ladro e mafioso e capitalista e squallido che non premia i giovani di talento dall'ambizione vorace (e il cervello pieno di ovatta).
Inoltre, i Wannabe hanno il senso dell'umorismo di un opossum morto, sono permalosi e vanesi, e fondamentalmente incapaci di prendersi responsabilità: alle responsabilità preferiscono il vittimismo gretto e la superbia senza freni inibitori, probabilmente se potessero clonarsi passerebbero la giornata a palparsi il sedere e a dirsi quanto sono belli.

Vi sono solo due luoghi al mondo che permettono a questa specie di sopravvivere e proliferare serenamente, dato che oltre a quanto già elencato son misantropi di natura: i circoli ARCI di cui sopra e naturalmente le università, di solito alla Facoltà di Lettere&Filosofia e/o Giurisprudenza.
Alla Statale di Milano infatti abbiamo la più grande riserva italiana di questa razza che non si sta affatto estinguendo, è facile osservarli in Chiostro ogni giorno a guardare sottecchi e con disprezzo i loro cugini di secondo grado (i Wannabe Punkabbestia, di cui parlerò in seguito) e con vaga compassione tutti gli altri.
Ma se percaso compare una ragazza (una ragazza di sinistra!) a pochi metri dal loro perimetro allora eccoli i novelli Bertinotti farsi re della scena, con passo felpato tirar fuori dalla tracolla in similpelle un volantino rosso e un invito galante a qualche evento delcazzo, come dicono a Oxford, dal titolo sempre ambiguo, e sempre pallosissimo: 'Il Nome della Prosa, letture di testi civili da Umberto Eco a Asterix&Obelix', 'Harry Potter e il camice di Monti, aperitivo letterario e riflessioni sul piccolo mago fascista', 'Come essere di sinistra e scisci senza ostentare troppo la grandezza del portafogli e del pene', e vai di sorriso incantevole e spiegazioni sommarie, il tutto condito da lunghe lunghissime occhiate ciglia contro ciglia (come già detto, loro non sono superficiali, loro le donne le guardano negli occhi) e lo scambio dei contatti Facebook, 'anche se non lo uso mai'.

E le ragazze, oche che non sono altro, invece che fare la cosa più furba (scappare urlando che la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca) di solito ci cascano e ci cascano con tutte le scarpe, fino a che il Wannabe non le lascerà col cuore spezzato dicendo loro che purtroppo è la società a privarci della voglia di avere una relazione stabile, e io ti amo ma amo di più il Neorealismo, non possiamo stare insieme devo unirmi ai Nuovi Partigiani, e davvero ci tengo tanto a te ma se voglio vincere queste elezioni universitarie dovrò andare a letto col Magnifico e mi spiacerebbe farti male.

Il Wannabe RC ha il suo fascino, è vero, ma è un fascino finto e preconfezionato tale e quale a quello dei dolci industriali: a guardarli ti sembrano buonissimi e pieni di gusto, ma se ne mangi uno ti nausea quasi subito e non avrai mai voglia di provarne un altro, perché fondamentalmente sono tutti uguali, asettici e finti, van bene giusto per le serate in cui la fame da eccessi di alcol e droga rimbambisce le pareti dello stomaco, ma francamente nessuno li mangerebbe ogni giorno per colazione.
Io preferirò sempre un cornetto caldo, grasso e simpatico: costa di più ed è raro trovarne di buoni, sporcano le mani e ti riempiono di briciole e di zucchero a velo, saranno dozzinali...ma almeno sono autentici, e proprio perché sono cucinati freschi ogni giorno nessuno è mai uguale all'altro, ognuno ha un sapore che è tutto suo e che può farti felice per un giorno intero - con quegli altri, quelli di cui sopra, magari al momento ti sembra di goderci un sacco, ma alla lunga non ti restano altro che calorie da bruciare, saporacci sul palato, e sensi di colpa da gestire.

28 maggio 2012

Parliamone?

Mai, dico, mai sottovalutare l'importanza di una coscienza pulita; mai, dico mai dimenticarsi di guardarsi dentro e chiedersi se si è fatto tutto il possibile, rispondersi sì, sì maledizione, tutto il possibile e anche qualcosa in più.
Sarà per questo che mi sento così bene - perché anche nel dolore, e che dolore ragazzi, posso parlarmi e dirmi che in questa cosa come in ogni altra io ho fatto il meglio che ho potuto, e tanto basta a farmi sentire non dico alla grande, ma un po' meno mmmerda di quanto dovrei, addirittura di quanto, a volte, vorrei.
Se avessi colpe da attribuirmi forse sarebbe più semplice, potrei detestare me stessa e poi rimediare ai miei errori, ma credo di aver già buttato abbastanza lacrime, sangue e chilogrammi in questo sforzo disperato di riprenderlo, riprenderci.
Ho implorato, pianto, urlato, riflettuto, promesso, dimenticato, taciuto, riso, tentato.
Ho detto cose di cui mi vergogno, ho preso la mia anima e l'ho fatta a brandelli, ho offerto il mio cuore a un pasto sacrificale che non è mai avvenuto, ho provato e riprovato con ogni mezzo e ogni gesto a salvare ciò che c'era - ed era tantissimo, non ci sono riuscita.
Ma quello che so, lo so per certo, è che per una volta non è stata colpa mia.
Per una volta non ero io l'anello debole, per una volta non ho fallito l'ennesima relazione a causa del mio caratteraccio, per una volta non ho preteso cose che non potevo avere, non ho chiesto tutto in cambio della parte peggiore di me - no, questa volta mi sono denudata di ogni egoismo, di ogni remora, di ogni più pallido lembo d'orgoglio e ho rinunciato a tutto per un amore che non c'era, che avrebbe potuto ergersi più grande e meraviglioso che mai, come una cazzo di Fenice o una Resurrezione di Lazzaro, se solo qualcuno mi avesse dato una mano a provarci.

Non ci siamo riusciti, non ci è riuscito; forse era giusto così, forse non era giusto affatto, forse era sbagliato sin dall'inizio, e me ne sarei dovuta accorgere prima.
Non sto bene, sono ancora un po' troppo magra, un po' troppo vulnerabile, sono ancora così sensibile al più vago complimento che mi s'inumidiscono gli occhi continuamente, e non mi fido a uscire di casa senza fazzoletti, ma sto meglio - forse perché dopo aver toccato grattato con le unghie leccato divorato baciato il fondo allora è vero, con il corpo ancora tutto sporco di melma e le dita doloranti e i capelli impiastricciati di guano, allora posso anche risalire.
Per farmi una doccia, lavarmi di dosso l'odore dell'umiliazione, l'umidità della perdita, le incrostazioni di rancore ci vorrà tempo, e forse dopo migliaia e migliaia di bagni ancora non sarò riuscita a rimuovere tutto lo sporco sotto le unghie e tra le pieghe del collo, ma so che si comincia così.
Strisciando, piano piano, dal pozzo nauseante di un amore che finisce nel modo più brutto, risalire.

(E questa volta risalgo da sola, non voglio mani cadaveriche su cui chiudere gli occhi, fingere che siano quelle del Principe Azzurro, aggrappate sotto ai miei vestiti a ridarmi la pallida imitazione di un'autostima che mi è stata strappata di dosso pezzo dopo pezzo; questa volta niente palliativi, niente chiodi che schiacciano chiodi, che poi va a finire che ne hai lo sterno pieno - va a finire che tra un chiodo e l'altro sei ridotta peggio di Gesù sulla Croce).

22 maggio 2012

E poi ci siamo noi, dove, di preciso, non si sa

'Regalare la vita', è questo a cui ho pensato, stanotte, appena prima di dormire, Alfonso stretto sotto al braccio sinistro e le gambe appoggiate al petto, il respiro sommesso del mio cane, il rumore del vento tra gli alberi del giardino. 'Regalare la vita', io penso si possa farlo, se lo si vuole, se ci si conosce così profondamente e bene da sapere che cosa realmente serve - e ieri sera ci siamo regalate la vita. Non so le altre due, ma so che io e te non ce la passiamo tanto bene di recente, per motivazioni diverse, e sicuramente incomparabili, abbiamo visto giorni migliori, eppure è la Vita che abbiamo voluto regalarti e regalarci: 5 luglio, Heineken Jammin' Festival, quattro biglietti per quattro amiche all'avventura.

Io a parlare delle mie amiche mi sento sempre come una di quelle ragazze superinnamorate che non sanno fare a meno di sciorinare frasi e canzoni e lacrime e immagini su quanto sia bello e buono il loro fidanzato; le ragazze così non le ho mai potute sopportare, forse perché quando si tratta di 'amore in una coppia' io mi chiudo in me stessa e non sono capace di parlarne, di scriverne, forse perché l'amore, l'amore in una coppia, è un sentimento che sovrasta e intimidisce e sopratutto un po' rimbambisce, siamo seri.
Ma quando parlo, o scrivo, o racconto delle mie amiche gli argini della timidezza si sfasciano davanti ai miei occhi e una sensazione di amore piena e prepotente semplicemente m'invade, sale dallo stomaco come un'indigestione e si arrampica sull'esofago e poi in gola e riempie la bocca, gli spazi, il mondo intero, un nuovo post, l'ennesima nota di Facebook, una lettera a un parente lontano. Quando ci siamo conosciute l'avevamo capito che era speciale, e tutto attorno a noi ci diceva invece che non lo sarebbe stato: che a quattordici anni è normale prendersi una cotta pazzesca per le persone che hai attorno, ma che sono rapporti che col tempo semplicemente si logorano, si rivelano per la loro caducità, finiscono nel dimenticatoio assieme alle scarpe imbarazzanti della prima adolescenza, a volte ne rimane una cicatrice come quella della varicella, ma nient'altro. Io ne ho avute di amicizie così, di cotte così, per maschi e femmine che per qualche mese ho considerato parte integrante del mio universo e che poi sono semplicemente andate, per tacita ma consensuale scelta di entrambi i fattori, io e lei, io e lui. Voi invece ci siete sempre state, e non perché fosse giusto, o scritto nelle stelle, e non perché non c'era alternativa, ma perché vi andava di farlo, esattamente come a me è andata di rimanere, e tra un mese e l'altro, una vacanza e una gita, una confessione e una litigata, son passati così tanti anni che non riesco più a contarli e nemmeno m'interessa - perché siete parte integrante della mia realtà, della mia vita, della mia persona, e mi emozionate ogni giorno come nessun amore è mai riuscito a fare. Mi piace raccontare alla mia psicologa che la sensazione d'inadeguatezza che avverto in ogni mia storia è forse data dal fatto che io con voi ho avuto e ho tutto, che tutto l'amore di cui sono capace ha già un nome sopra, ed è il vostro.

L'impressione bruciante del 'non bastare', le insicurezze, le paure, l'incapacità di amarmi veramente, quella feroce ansia del non essere accettata, la sensazione di non poter essere mai abbastanza brava, bella, giusta, in gamba, divertente, comprensiva, sexy e intelligente, con voi semplicemente evapora. Io vi voglio così bene perché in mezzo a voi sono riuscita a voler bene a me stessa, profondamente e senza remore, e la persona che sono con voi è qualcosa che accetto, amo, come se io stessa potessi essere per un po', solo per un po', la mia migliore amica - qualcuno con cui mi va di condividere l'esistenza, una faccia che mi piace, un corpo che sento come mio, una personalità che non avverto ingombrante, fastidiosa, sbagliata. La gioia placida di chi è amata incondizionatamente, e con tutto il cuore, in ogni sbaglio; telefonarvi alle sei del mattino, dire che ho ucciso un uomo, sentirvi rispondere assonnate 'porto la pala?', ecco cos'è, tutto questo Amore, tutta questa Sazietà del corpo e dello spirito.
Sapere, averlo scritto addosso, che come dice Ligabue 'quella che non sono a voi basterà', e basterà a me, finché sarete al mio fianco - e su questo non ho dubbi, che al mio fianco ci sarete sempre, e mi sembra un'ottima motivazione per sentirmi fortunata e orgogliosa, raccontare ai parenti sul letto di morte che qualcosa di buono, qualcosina che si chiama come voi, almeno quello l'ho combinato. 

20 maggio 2012

'Pro Patria'

Un paio di settimane fa ho incontrato Celestini; ero con Priscilla (la mia bicicletta) all'incrocio di Cordusio, ho voltato lo sguardo per attraversare, onde evitare di diventare una poltiglia sanguinolenta da lì a pochi istanti, e lui era accanto a me. Il mio cuore è schizzato nelle orecchie, poi nei piedi, e poi è tornato al suo posto. Avrei potuto fare mille cose, baciarlo ad esempio, urlare di sgomento, buttarmi sotto al tram, invece ho detto solo 'ciao, che ci fai quì?', come fossimo amici da sempre; lui ha sorriso, ha detto che stava andando a prelevare, ma in realtà si trovava a Milano per fare uno spettacolo al Piccolo. 'Verrò a vederti', gli ho detto, lui ha sorriso più forte e mi ha ringraziata, e poi una signora in pieno stile Milano Bene ci ha chiesto dove fosse la Galleria, sono volata via sulla mia bicicletta salutandolo un'ultima volta e sentendomi la ragazzina più fortunata del mondo.

Ieri sera sono andata al Piccolo, e l'ho visto di nuovo. Indossava una felpa azzurra, l'ho avvicinato, gli ho detto 'sono quella in bicicletta, visto che sono riuscita a venire?' e lui ha detto che si ricordava, e sempre sorridendo mi ha stretto la mano e mi ha salutato. Il mio cuore è schizzato tra le orecchie, e questa volta è rimasto lì e probabilmente ci rimarrà per un bel pezzo. E così ho poggiato il mio sedere sui sedili vellutati del Piccolo, ho tenuto le mani in grembo ed ho guardato e goduto di uno tra gli spettacoli più belli che mi sia mai capitato di vedere in vita mia.


'Pro Patria' fa un sacco di cose. Fa ridere, piangere, riflettere, vomitare, spaventare, pensare, credere, disperare, morire e poi risorgere; 'Pro Patria' racconta di galere, di follie, di speranze, di disillusioni, di vittorie, di sconfitte, di storie e Storie, di persone, di umanità, di disumanità, dell'Italia, del mondo intero, di coraggio, di vigliaccheria, di gioia e di dolore. 'Pro Patria' sarà al Piccolo fino a non so quando, chiedete a Zio Google, ma se potete, ve lo dico con tutto il cuore, andate, andate perché è come avere un gioiello bellissimo da portarsi sempre appeso all'anima - andate, e ne uscirete arricchiti di qualcosa di meraviglioso.
E se siete ragazzine sensibili, vulnerabili e spaventate, seguite il mio consiglio: portate dei fazzoletti, portatene uno solo, basterà, ma potrebbe esservi utile.

19 maggio 2012

Un (altro) compleanno

Mi piacciono i compleanni, forse l'avete capito; e mi piacciono anche i sentimentalismi, forse avete capito anche questo. Non piango per i film e non faccio volontariato, ma quando si tratta delle 'persone della mia vita' non conosco vergogna, e appena ho la possibilità di celebrarle, sia un compleanno o una festa canonica, lascio libero spazio ai voli pindarici del cuore e scrivo, scrivo e scrivo, enormi frasi sature d'amore. Oggi è il compleanno di una persona che per me è preziosa, e non dirò che è speciale, è preziosa, proprio come un oggetto lasciato da qualche parte per non essere sprecato, eccessivamente esibito. Questa persona oggi compie settantadue anni che sembrano cinquanta, ha i capelli candidi come la neve e gli occhi chiari, luminosi e intelligenti; si chiama Richi, vive vicino al Lago di Garda ed è il mio migliore amico - sarebbe mio nonno, ma per me è sempre stato il mio migliore amico, figura educativa e compagno di giochi, con cui negli anni ho costruito villaggetti di pongo e scambiato mail forsennate sulla mia vita sentimentale con la stessa intensità.
Ciò che amo di lui, più degli occhi verdi e dei baffi bianchi e l'odore di dopobarba e nicotina, ciò che amo di lui più di ogni altra cosa è l'oggettività che ha sempre avuto nel sapermi giudicare per quella che realmente sono e volermi bene lo stesso, volermi bene tantissimo: Richi non mi ama perché è mio nonno, non mi ama perché qualche vincolo familiare lo ha costretto a farlo, mi ama perché sono io, perché mi ha sempre giudicato come persona e non come nipotina, e crede in me come nessuno ci ha creduto mai.
E' un uomo dalle idee politiche a mio parere discutibili, un po' presuntoso, sicuramente particolare, che vorrebbe tanto mi piacesse la natura, la campagna, un uomo che disapprova il mio tatuaggio, la mia dipendenza da Facebook e non è un fan dei ventenni, ma è un mio fan, e tanto basta a farmi sentire preziosa a mia volta; Richi vive vicino al Lago di Garda, non risponde mai al telefono e io non vado abbastanza spesso a trovarlo.
Richi ha un sito che tratta di arte e che quì vi linko, non solo perché è il suo compleanno o perché gli farebbe piacere, ma perché ne vale veramente la pena - E' brillante, utile e geniale, proprio come lui, settemuse.it.

Richi non sopporta Ligabue, negli ultimi anni ha iniziato forse a tollerarlo un pochino, ma diciamo che su questa mia passione ci siamo sempre amabilmente scannati, eppure è alle parole di Ligabue che penso quando penso a Richi, a tutto quello che ha fatto per me, a tutto quello che abbiamo condiviso insieme...non perché siamo nonno&nipote, ma perché ci andava di farlo.

Grazie per il tempo pieno
Grazie per la te più vera
Grazie per i denti stretti, i difetti
Per le botte
D'allegria
Per la nostra fantasia...
...L'amore conta



L'amore conta, la stima anche, la gratitudine non ne parliamo; buon compleanno Richi, da quella nipotina a cui hai insegnato tanto, tutto, troppo, dalla tua pulce sgangherata che non viene quasi mai a trovarti, che ti pensa ogni giorno, buon compleanno con tutto il cuore.  

16 maggio 2012

De Facebook Natura

Le dieci cose che compatisco, nella fattispecie...su Facebook.
E badate bene, non dirò che le odio, perché l'Odio è un sentimento nobile che provo per altre cose, peggiori di questa: quelli che non tengono la destra sulle scale mobili in metropolitana, loro sì, loro sì che meritano quanto di peggio ci sia al mondo.
Le cose che compatisco invece non è che mi disturbino nel profondo del cuore, diciamo che mi fanno quotidianamente arricciare il naso, mettere le mani tra i capelli, sibilare stancamente 'ossignore', e nonostante questo...sì, sto su Facebook, e probabilmente ci starò fino all'ultimo giorno della mia vita; amo quel social network, non mi nascondo dietro a snobismi preconfezionati, adoro Facebook perché è utile, perché mi fa sorridere, perché nutre il mio egocentrismo, perché è semplicemente parte della mia quotidianità come il caffé al mattino e il cioccolato prima di dormire, tutte le sere, ma ciò non toglie che certe cose sarebbe meglio se non ci fossero.
Ecco quì una breve lista, che l'atteggiamento conciliante nei confronti dell'umanità vi accompagni sempre, come accompagna me in questo mercoledì particolarmente ventoso e luminoso.

1) Le foto di pessimo gusto, gonfie di sangue e morte; dal cagnolino squartato al pedofilo appeso per i testicoli a qualche palo in medioriente - insomma, fate un po' quello che volete, anche una gigantografia da appendervi in camera se pensate sia giusto, ma evitate d'insozzarmici la bacheca, non serve a niente e fa anche un po' schifo.
2) Tutti, e dico, tutti i links con Vin Diesel, che poveraccio ha SEMPRE la stessa faccia ed è SEMPRE associato ai soliti concetti: rispetto per tutti, confidenza a nessuno - credo in me stesso e lotto per ciò che voglio - non è la ricchezza a rendere grande un uomo, ma la sua umiltà - mi parli dietro perché io ti sto davanti, e altre amenità del caso.
3) I vari 'condividi se hai un cuore', io un cuore ce l'ho, ma questo non significa che dovrò postare sulla mia bacheca una sfilza infinita di ragazzini pelati, bambini down, cani malati e vecchietti storpi, di nuovo, non serve a niente ed è abbastanza di pessimo gusto.
4) Personaggi dal cervello piccino picciò che impostano come città in cui vivono Miami, New York, Dubai, e poi scopri che mai sono andati oltre Busto Arsizio e vivono a Rovello Porro.
5) Le pagine (di cui ho nascosto tutti i post) che pubblicano a ripetizione links di notizie improbabili e sopratutto poco interessanti: INCREDIBILE, GUARDATE COSA FA QUESTA RAGAZZA CON UN LIBRO DI CAMILLERI ATTACCATO AL CLITORIDE!!! SENSAZIONALE LADY GAGA SENZA TRUCCO!!! SCIOGLIE I FIGLI NELL'ACIDO E POI LI USA PER RIFARE L'INTONACO, GUARDATE COS'HANNO FATTO A QUESTA MAMMMA!!! A parte, e al popolo che gliene frega? Ma sopratutto, c'è qualcuno che ci crede sul serio?
6) Ultimamente, le varie vignette e/o barzellette sul Governo Monti da parte di esseri umani che rasentano il semianalfabetismo, a malapena saprebbero trovarsi il culo con le mani ma hanno comunque la superbia di scrivere in capslock come rimediare al disastro combinato da un tizio pelato ed erotomane che sicuramente hanno votato.
7) Gli amici, o presunti tali, che vivono all'altro capo del mondo e t'invitano ai loro eventi; abito a Milano, perché mai dovrei riuscire a venire al battesimo del tuo cuginetto di secondo grado a Trapani, quando ci siamo visti una sola volta e nemmeno ci eravamo troppo simpatici?
8) Chi non può proprio fare a meno di passare da impegnato, a single, a relazione aperta e/o complicata almeno ogni due giorni.
9) I pazzi sadici e mitomani che quando qualcuno, dopo anni magari, passa da impegnato a single accorrono a mettere 'mi piace', ma come fa a piacerti maledizione? Sei una persona orribile!
10) Le coppie col profilo in comune; che tu li aggiungi agli amici, ti vien voglia di sapere come se la passa il tuo compagno d'asilo e ti risponde una tizia folle, gelosa e incazzata chiedendoti cosa diavolo vuoi, chi sei, e se hai percaso intenzione di mettere le manine sul suo fidanzato, che non vedi da decenni e sembra si sia appena mangiato un grassone.

14 maggio 2012

Cose che ho detto in questi giorni

Ti prego non lasciarmi ti prego riproviamoci ti prego non ti arrendere codardo bastardo pezzo di merda ti odio ti odio ti odio ti prego non abbandonarmi ti prego dimmi che mi ami ancora ti amo ti amo tantissimo andiamo a teatro farò qualsiasi cosa ti prego resta con me ti prego non mandare tutto a puttane io ti amavo per il tuo coraggio mi hai delusa mi fai vomitare mi fai schifo ti amerò sempre scusa se ho rovinato la tua vita vaffanculo dove la trovi un'altra come me facciamo l'amore e così è finita perché tu vuoi che sia finita non ti dimenticherò mai non amerò mai più nessuno come ho amato te. 

Vi prego, vi prego con tutto il cuore, Santi Numi, Dei o chissà che, io vi prego: ridatemi me stessa, ridatemela ora.

13 maggio 2012

Festa della mamma

Signora G. A te, che mi hai cresciuta non come una madre, ma come una nonna, perché è ciò che sei; a te che mi hai insegnato a giocare coi tuoi foulards di seta, che mi hai accompagnata all'asilo e poi a scuola, che ogni mattina mi preparavi il latte col cacao, che mi hai insegnato l'amore per gli animali, per la lettura, a te che hai un po' più di settantacinque anni, leggi questo blog e stai su Facebook, a te che viaggi, che sorridi, che non ti arrendi mai, che sei forte e deliziosa e un orgoglio da mostrare alle amiche, a te che sei una nonna che mi ha fatto da mamma ma sei sempre rimasta una nonna, a te...auguri, auguri di tutto cuore.

Signorina G. A te, che sei la mia 'nuova mamma', la donna che vorrei diventare un giorno; che sei bella, elegante, sorridente, intelligente, a te che mi stai insegnando lentamente ma con costanza l'arte del desiderare, del volere di più, a te che mi critichi sempre, mi regali vestiti per farmi più bella, mi hai concesso di viaggiare e vedere il mondo, a te che ti prendi cura di me come nessun altro ha mai fatto, che credi in me e sopratutto credi nel mio futuro e nelle mie scelte, a te che sei arrivata da poco nella mia vita ma che subito ti sei fatta amare, a te che mi hai dato quello che nessun'altra è riuscita a darmi...auguri, auguri di tutto cuore.

Signora M. A te, che sei la mamma del mio migliore amico e da due estati mi ospiti in casa tua, mi prepari il caffé la mattina e mi costringi a servirmi una seconda volta di tutto ciò che prepari, a te che sei la madre che vorrei essere io, intelligente, dolce, presente, che ama incondizionatamente chi ha messo al mondo; a te che hai due figli e li hai educati così bene che non dico palle se dico che sono due tra le persone che preferisco al mondo, a te che sei distante ma sei sempre nel mio cuore, a te che se ti penso mi commuovo e mi vien da dire 'vorrei fosse anche la mia mamma', a te che sei una donna meravigliosa e io ti devo tantissimo...auguri, auguri di tutto cuore.

Signor M. A te che sei un uomo, sei mio padre, e ci hai provato a farmi da mamma con la tua posta del cuore un po' goffa, che per me hai fatto qualsiasi cosa e la faresti ancora, che mi hai comprato di recente un vestito blu così bello che nessuna donna avrebbe saputo sceglierlo meglio, a te che sei tutta la mia vita da sempre, e lo sai, l'uomo che più di ogni altro mi ha reso innamorata e fiduciosa del vostro sesso, a te che sei il mio papà ma che sei stato tutto...mamma, amico, fratello, nemico e compagno di giochi, a te auguri, auguri di tutto cuore.

Signora E. A te che non ci sei, non ci sei mai stata, non conosco la mimica del tuo viso o la forza della tua voce, so che avevi le ossa sottili, gli occhi luminosi, il carattere bisbetico; a te che mi hai messa al mondo e sei rimasta, anche se te ne sei andata, sei rimasta quà dentro dove vivono le cose più preziose, a te che vivi nei miei mondi nei sogni più profondi, che mi guardi sorridendo da una fotografia e mi parli nella notte con una voce ruvida che somiglia alla mia, a te che eri e sei e sarai sempre la mia mamma che non c'è stata ma che è parte di me, a te, ovunque tu sia...auguri, auguri di tutto cuore.

12 maggio 2012

Milano Milano

Milano è un'algida regina dal cuore di marmo, le ossa di mattoni; Milano ha occhi appannati, senza stelle.
Milano ha i muscoli di catrame che pulsano gelidi; Milano ha il respiro affannoso, la voce arrocchita, le dita di sabbia.
Milano brilla di una luce che è eterna e divoratrice, Milano è crudele, insaziabile, arrogante, superba.
Milano è una città che tra le città del vasto mondo forse non vale niente, coi suoi vicoli tra via Torino e Corso Magenta, il Duomo, il Castello, Brera, i Navigli, via Brisa dove vivono i gatti, i quartieri dormitorio e gli ospedali e le scuole e le chiese.
Milano non è maestosa come Roma, non è incantevole come Venezia, non è ordinata come Torino, luminosa come Lecce, caratteristica come Napoli, opulenta come Palermo, poetica come Bologna, bella come Firenze, particolare come Genova - Milano non è niente di tutto questo, ma è la mia città e ai miei occhi sarà sempre la città più straordinaria dell'universo, Milano oggi mi si è stesa davanti agli occhi alle 9 del mattino, io ero una tizia qualsiasi in bicicletta e le sue strade erano braccia aperte al cigolio delle mie ruote, Milano si stava svegliando pigra in un sabato luminoso, io le ho dato il buongiorno accarezzando l'asfalto fermandomi a guardare i negozi, le bancarelle, gli angoli, le facce della gente.
Milano non piace a tutti, ma piace a me - e come dice quel libro che me l'ha raccontata meglio di chiunque altro, io non ho bisogno di spiegare agli altri perché è bella.

Milano sguardo maligno di Dio, zucchero e catrame


Milano piovuta dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero

7 maggio 2012

Caro C.

Il nostro non è un rapporto equilibrato; certo, poteva andarci peggio, ma sono consapevole del fatto che non sempre mi sono presa cura di te come avrei dovuto, ma del resto nemmeno tu hai soddisfatto del tutto le mie aspettative. Ho fatto centinaia e centinaia di volte l'elenco delle cose che odio di te, l'ho fatto nuda davanti allo specchio avvolta solo in un asciugamano, ti ho guardato per lunghissime ore, quasi mai ti ho amato intensamente interamente con tutta me stessa; il più delle volte ti ho tristemente accettato per com'eri, ma criticandoti a gran voce. Ho cercato di mascherarti, di cambiarti, di celarti, altre volte invece ti ho esposto impunemente agli occhi della gente ma non sembrava che tu ne soffrissi; ho camminato seminuda su spiagge neanche troppo deserte, ho inflitto ferite, fumato sigarette e sigarette che fan ridere, bevuto alcolici, raramente ho mangiato a dovere, con te. Non ti ho amato né trattato come un tempio ma solo come un involucro scialbo che speravo e spero chiudesse e chiuda qualcosa d'altro, di più bello, di meno effimero.
Forse ho imparato ad amare e coltivare così tanto me stessa, la me stessa che sta dentro, perché io e te non siamo mai andati troppo d'accordo, perché non mi hai mai soddisfatta del tutto, non mi hai convinta, non mi sei piaciuto, e se con gli anni ho imparato ad accettarti per come sei dubito che saremo mai grandissimi amici, ti cambierei volentieri con qualcos'altro anche immediatamente, fidati. 
Di te ho sempre detestato la rotondità e la sfuggevolezza del mento, quel mento che sicuramente con gli anni cadrà e somiglierà alla pelle flaccida di un animale ormai morto; e raramente ho potuto sopportare la sottigliezza eccessiva delle caviglie, il sorriso un po' storto, la pelle opaca e malaticcia e grigiastra, le ossa sporgenti tra un seno e l'altro, i fianchi morbidi, la pancia rotonda e dura, le sopracciglia quasi mai in ordine, i lineamenti troppo sottili accartocciati tra loro in un viso infantile e banale.
Non mi permetti quasi mai d'indossare la gonna, lo capisci questo? O di andare in giro struccata - che poi, andrei in giro struccata tanto quanto andrei in piazza Duomo senza mutande, e persino le scollature eccessive ti turbano, ti infastidiscono, e quando mi sono tagliata i capelli ho sentito lamentarti e stridere e impormi una dieta che non era una dieta ma un'autopunizione, perché d'improvviso t'era venuto in mente che la mia faccia era un po' troppo esposta, troppo rotonda, meglio affilarla un pochino mangiando una mela per pranzo, un pacchetto di crackers per cena.
Tu mi comandi, da sempre, e io per ripicca ti tratto un po' più male del solito; no, non è un rapporto equilibrato ma poteva andarci peggio, c'è chi c'è morto per mancanza di equilibratezza con tipini tosti come te, come tutti quelli come te, che pretendete di fare il bello e il cattivo tempo ma di fatto siete voi ad essere così disgustosamente imperfetti, siete sempre voi la causa di tutto quanto.
Ma ora basta con le cattiverie, non per sempre, solo per un po'.
Vorrei essere dolce, quest'oggi; non perché lo voglia davvero ma perché mi è stato chiesto, mi è stato chiesto di scriverti con la massima obiettività possibile e io vorrei trovare il coraggio per dirti anche qualcosa di bello; e qualcosa di bello c'è, di sicuro, è che m'imbarazzo a morte a parlarne, a scriverne, rivolgendomi a te in seconda persona come fossi un estraneo, quando in realtà sono ventitré anni che ci conosciamo e malgrado tutto abbiamo anche saputo volerci bene.
Ecco, da quì forse dovrei cominciare: dal fatto che ti ho voluto bene, te ne voglio ancora, con tutti i tuoi limiti e i miei, diciamo pure che io ti amo; ed è per questo che ho comprato una bicicletta, che mangio un sacco di banane, di yogurt, che ti porto dappertutto e con la bella stagione ti faccio vedere agli altri e quasi sono orgogliosa che tu sia roba mia, sai?
Di te mi piacciono le ossa, tantissimo.
Sottili, un po' sporgenti, ben fatte; e le gambe, che sono snelle e toniche, e i piedi piccoli e perfettamente rosa, le mani femminili un po' da strega, le unghie forti che non si spezzano mai, mi piacciono le labbra che sono sempre rosse, e i capelli che sono soffici, biondi e disordinati; mi piace il tuo seno che è piccolo, bianchissimo, discreto, e gli zigomi alti, le clavicole.
Ma di te, sopratutto, mi piacciono gli occhi; quanto ti guardo negli occhi io quasi riesco a perdonarti tutto il resto, ti guardo negli occhi e vedo che sono grandi, profondi e scuri, che brillano sempre di piccole luci, e le ciglia sono nere e lunghissime, così lunghe che un filo di rimmel le rende semplicemente sensazionali.
I tuoi occhi sono la cosa più bella che hai, quella che più felicemente fai vedere alle persone, quella che da sempre ti rende un po' diverso, migliore, attraente nonostante tutto - quegli occhi sono tali e quali a quelli del corpo che ti ha generato, e sono belli, bellissimi, ed è in quegli occhi che io ti amo più che mai.
Forse dovrei scriverti più spesso, pensarti più spesso, e più spesso coccolarti; forse dovremmo prenderci un pomeriggio alla settimana almeno per stare solo io e te, fare un bagno, accarezzarci, metterci ogni volta una crema nuova, e inutile negarlo anche fare l'amore.
Dovremmo andare in palestra, mangiare insieme, smettere di fumare, correre nell'erba.

Dovrei concentrarmi suoi tuoi occhi quando vedo che la pelle o le caviglie o i lineamenti mi hanno fatto di nuovo arrabbiare, essere più indulgente, rispettarti di più, sei ancora tanto giovane ma è tempo di diventare più responsabili, di crescere insieme, di invecchiare anche - e almeno questo non ci fa paura.
Ed è una cosa che devo fare da sola, perché tu non sei altro che un piccolo corpo vuoto, e senza di me saresti perduto, un giorno lo sarai; la smetterò di ignorarti, criticarti, nasconderti, imparerò ad amare quello che di te ho sempre odiato, e comincerò a prendermi cura di te, anche e sopratutto quando farai i capricci, mio piccolo corpo vuoto, involucro fragile e in cui trasportare la vita - per ora 'soltanto' la mia, magari un giorno anche quella di qualcun altro, chissà, che importa.
Tu dammi una mano, cerca di non tradirmi, o di farlo il più tardi possibile - al resto penserò io, è ora che ci pensi io.

Doverosa postilla: Non sono impazzita, oggi la mia dottoressa mi ha chiesto di scrivere una lettera al mio corpo, dopo una lunga ora in cui abbiamo parlato di tante tantissime cose; le è venuta quest'idea, e mi è sembrata una cosa carina. Poi, avendo io un disturbo istrionico della personalità autodiagnosticatomi ho deciso di pubblicare ciò che ho scritto, nella speranza di non sembrare affetta da bipolarismo isterico, ciò che avete appena letto altri non è che una Lettera al mio Corpo, saluti e baci.  

6 maggio 2012

Sic ego nec sine te nec tecum vivere possum - certi amori non finiscono fanno dei giri immensi e poi ritornano - storie tragiche nate per gioco troppo vicine o troppo distanti - hai fatto il massimo il massimo non è bastato e non sapevi piangere e adesso che hai imparato - con te vivevo un sogno ma ora sono sveglio - perché mi amavi non l'ho mai capito così diversa da quei tuoi cliché perché fra i tanti bello che hai colpito ti sei gettato addosso proprio a me - sono riusciti a cambiarci ci son riusciti lo sai - chi se ne va che male fa - we gotta fight fight fight fight for this love - tante cose sembrate credute diverse come un prato coperto a bitume - noi non vogliamo saluti auguri un altro numero in rubrica noi vogliamo la carne le labbra poi sento le chiavi nella serratura e mi rassegno al fatto che io in questa vita o ti amo o ti ammazzo - sei l'uomo più egoista e prepotente che abbia conosciuto mai - maybe our relationship isn't as crazy as it seems maybe that's what happen when a tornado meets a volcano - asseconderò ogni tua perversa inclinazione proverò ad interpretare ogni tuo malumore - io mi dico che è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati - ricordati di me - facciamo pace a letto e non dentro la testa chiunque ci sentisse in questa discussione direbbe lei cretina ma lui che gran coglione - come fa ridere adesso pensarti come un gioco - però che Bohéme confortevole giocata tra case e osterie - credevo che Bologna fosse mia - questi amori un poco neorealisti non mi eccita neanche un bel finale - mi sono accorto che sto bene solo quando sto con te ma so che questo non conviene non conviene - non conta più sapere chi ha ragione non conta avere l'ultima parola ora.

Forse il destino è un vecchio imbroglione annoiato che gioca con le vite della povera gente; forse il destino si diverte a darci qualcosa di meraviglioso per poi portarcelo via in un secondo momento.
Forse dovrei essere più ottimista, avere speranza, essere forte e arrogante come sono sempre stata e fingere e ancora fingere che vada tutto bene per poi accorgermi che non sto fingendo affatto - o che per me fingere è diventato così normale così ovvio così quotidiano che ho dimenticato dove sta quel confine sottile che separa le finzioni dalle realtà, come quando non si trova più il segno dello scotch e si è costretti a strapparlo a morsi per poterlo utilizzare.
Forse dovrei dirmi le solite cose, alternare l'amore e l'odio e uscire e divertirmi e raccontarmi a intervalli più o meno regolari che andrà tutto bene, e se non dovesse andare bene prima o poi passerà, ricordarmi che la gioia arriva sempre dopo il dolore e che le cose finiscono per permetterti di essere più felice ma quando finiscono tu ancora non lo sai, rimbambirmi da sola con filosofie spicciole e giustificazioni di psicologia cagate fuori da un libro che ho sfogliato distratta all'autogrill, fare l'elenco di tutte le cose che potrei permettermi se un giorno di questi tu dovessi uscire definitivamente dalla mia vita; e invece me ne sto in pigiama a vegetare dal letto al divano e dal divano al letto e persino farmi la doccia mi sembra un'impresa titanica.
Quel che so, che ancora mi da forza, è che ci avevo creduto e ci credo ancora; e vorrei imbrogliarlo io il destino, vorrei riprendermi ciò che mi ha dato e che poi ha cercato di togliermi, perché io mi rifiuterò di chiamare vita questa vita senza te - magari non per sempre, quello no, solo voglio credere che ne abbiamo ancora parecchi di endecasillabi da parafrasare e di pagine da scrivere. 

4 maggio 2012

Le donne normali

Dite che sono polemica, dite quello che vi pare, però è giunto il momento di levarmi dalla scarpa questo sassolino che è ormai diventato delle dimensioni di una castagna, e comincia a farmi male alle dita: le donne magre e le donne in carne, le donne che avrebbero oggettivamente bisogno di prendere qualche chilo e quelle che invece dovrebbero effettivamente perderlo. L'idea mi è venuta oggi quando sfogliando Vanity ho visto un servizio di lingerie che aveva come protagonista una modella taglia forte, questa modella:


Si chiama Tara Lynn, è una taglia 52 ed è bellissima, non esattamente il mio genere ma bellissima.
E fin qui tutto bene, il punto è che non sopporto che ogni articolo concernente modelle taglie forti le definisca 'donne normali'. Questa non è normale, perdio! Questa è una strafiga che fa impallidire i passanti, le donne normali sono altre - e guarda caso non stanno sulle riviste di moda ma in banca, alla posta, nei ristoranti, tra i banchi di scuola, a dirigere il traffico in mezzo alla strada, alcune persino in Parlamento. Ciò che non sopporto è il definire 'normale' una donna solo perché dotata di carne, di ciccette, di curve e di seni prosperosi. E tutte le altre? Tutte le altre che sono più magre di Kate Moss, solo senza il suo viso che spacca le macchine fotografiche e finisce in copertina di Vogue, che cosa sono? Mostriciattoli rachitici col sex appeal di una carota cotta? Anoressiche impenitenti e superficiali che si sono fatte spappolare il cervello dai canoni estetici del terzo millennio e vogliono essere magre a tutti i costi? O forse semplicemente donne normali, sì, anche loro, che ingurgitano un quantitativo spropositato di schifezze ma non ingrassano e però hanno comunque i brufoli, i baffi, il naso grosso, gli zigomi inesistenti e gli occhi spenti? Donne normali che nessuno si sognerebbe di sbattere sulla copertina di Vogue, magre o grasse o prosperose o rachitiche che siano?

A me sta bene comprare un giornale e sfogliare pagine e pagine di ciò che io non sono e non sarò mai; mi va benissimo, forse il giornale lo compro proprio per quello, per guardare le modelle dagli occhi languidi, coi loro capelli sempre perfetti, i corpi mozzafiato e abiti che non indosserei nemmeno se mi sposassi un Pirelli, semplicemente perché a me non starebbero bene. Ciò che non accetto, ciò che proprio non sopporto, ciò che mi fa letteralmente saltare i nervi è sentirmi definire 'anormale' solo perché madre natura mi ha dotata di un corpicino ossuto e spigoloso che è sempre stato così e tale rimarrà nei secoli dei secoli; mettono in copertina una bonazza da panico completamente photoshoppata (vedi Monica Bellucci, settimana scorsa) e ci dicono che lei è normale, perché mangia la pastasciutta a pranzo e a cena e non si vergogna di entrare in un negozio e chiedere la taglia XXL. E grazialcazzo questa è bella come il sole, io porto una 38 e venderei mio padre agli zingari per essere come lei non glielo dice nessuno?

Insomma, vogliamo fare un servizio di moda o lingerie con donne normali, e normali sul serio, che hanno imparato ad accettarsi? Facciamolo, mi rendo disponibile per un primo piano del mio mento sfuggente, delle mie caviglie da quaglietta, della mia pancetta flaccida e rotonda come quella di un undicenne sovrappeso, delle ossa del costato che sporgono tipo Gesù sulla croce, ci sto; e insieme a me trascino tutta un'altra serie di donne normali, magari anche un po' datate, dalla mia splendida nonnina all'assistente del dentista coi fianchi larghi e il sorriso incantevole, però vi prego...smettetela di prenderci per il culo, non chiedo altro.
Continuate a riempire le pagine con strafighe dai capelli da sogno e gli occhi da gatta, di qualsiasi taglia e peso, e diteci quello che meritiamo di sentirci dire: la verità, ovvero che mai, mai nemmeno in un milione di anni saremo belle così, e noi ne saremo felici lo stesso - perché le donne normali sono piene di risorse, gradirebbero solo non essere prese in giro.

3 maggio 2012

Un compleanno, il tuo


Per il mio coraggio che, come dice Montale, fu il primo dei tuoi prestiti (e sicuramente l'hai saputo) - quel coraggio di cui parla Silente, il coraggio del saper scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile. Per ogni cosa che già sai, per tante altre che non mi pare il caso di scrivere, ma sopratutto perché sei la mia amica di sempre, la mia amica più grande, la mia migliore amica. In questo giorno tanti auguri, un tutti gli altri...solo grazie, a te, a un karma gentile che ti ha posta sul mio cammino - tutte le altre parole ci appartengono, buon compleanno amica mia.

(E come godo, quando mi dicono 'sai vorrei un'amica che...', io quell'amica ce l'ho già, siete tutte voi, ma più d'ogni altra cosa sei tu: che sei pigra, pesante, prepotente e con una spietata tendenza al cinismo e alla vendetta, che sei però l'amica migliore che potessi immaginare, l'amica vera di cui anni e anni dopo si racconta ai figli, ai nipoti, l'esempio di ogni giorno, la quiete e la tempesta, Maracaibo da scatenarsi e un piatto di pasta cucinato all'ultimo minuto, la mia mattina di Natale, mille libri che ancora non ho letto, i tuoi occhi color nocciola, smalti verdi come l'erba, sigarette da spezzare o da dividere, un mondo immenso di piccole e grandi cose tutte quante da scoprire, già scoperte, eppure sempre fresche e nuove - che bello, che bello averti qui).

1 maggio 2012

Un'infanzia Disney è un'infanzia felice

Biancaneve non mi piaceva, e nemmeno il suo principe che era un po' tanto effeminato e aveva il rossetto, e cantava sotto la sua finestra con una pessima voce da castrato; Biancaneve era una stronza arrivista decisamente meno bella della regina cattiva, così stupida da scegliere d'ingollarsi una mela avvelenata solo perché una vecchia sconosciuta le aveva detto che l'avrebbe aiutata a trovare il vero amore.
Cenerentola non era male, ma a conti fatti aveva il carisma di un cucchiaino, e poi non mi piace l'idea di farmi aiutare da fatine e topacci danzanti per uscire dal fango in cui sono finita.
Ariel la trovavo incredibilmente arrogante (anche se bellissima!), la classica sedicenne ribelle che se la prende con un padre che vuole solo indirizzarla verso ciò che è meglio per lei, che poi...va bene che perdi la voce, ma insomma, niente t'impedisce di saltare addosso al tuo Principe mentre ti porta in canoa in giro sulla laguna, che poi lo sanno tutti che gli uomini ci preferiscono così: mute.
La Bella Addormentata non mi dispiaceva, il Principe Filippo è sicuramente uno tra i manzi più manzi di tutta la filmografia Disney, lei aveva capelli bellissimi e sicuramente un certo coraggio nell'andare per boschi da sola e mettersi a canticchiare e ballare con sconosciuti, per quanto avvenenti fossero.
Mulan è un'altra tra le mie eroine, pare che il suo racconto sia tratto da una storia vera...anche se ho i miei dubbi che la vera Mulan fosse efebica e bellissima, insomma, per arruolarsi nell'esercito cinese e farsi passare per uomo quasi sicuramente era grossa, baffuta e aggressiva, questo rovina un po' tutta la poesia.
Esmeralda, gran donna; zingara di classe, bellissima e decisamente sexy, che però non ha abbastanza cuore da decidere di scegliere il gobbo e va a finire che si fidanza col pettinatissimo e decisamente avvenentissimo Febo, e vabbé, chiamala scema.
Pochahontas sembrava un po' un transessuale, inutile negarlo, e poi parlava con gli alberi e girava seminuda, e preferiva Smith a Kokun, che mi dava l'idea di essere un gran guerriero e non solo in battaglia, sicuramente più virile di quella checca bionda appena giunta dall'Inghilterra con l'intenzione di deforestare boschi e diffondere ovunque le sue schifosissime gallette che già avevano iniziato a dar assuefazione al procione.
Però amavo Belle, che leggeva un sacco di libri e rifiutava la corte di quel tamarro unto di Gaston (Gaston, parliamone, in ogni scena ha sempre tre francesine bionde, tettute e disinibite che lo rincorrono, eppure non sembra nemmeno accorgersene e preferisce stare addosso a Belle che è graziosa, ma non ha assolutamente intenzione di concederglisi), ma se mi fossi trovata io al suo posto verso il finale col cazzo che avrei accettato che la Bestia tornasse umano...insomma, se fino ad adesso mi sono sentita attratta da peli e zanne, come potete pretendere che mi possa innamorare del Principe che è azzimatissimo, effemminatissimo e somiglia a Gesù Cristo dopo venti giorni in una SPA?

La mia preferita, la migliore, l'eroina più gloriosa, simpatica e bella di tutta la Disney era un'altra: Megara, i cui amici la chiamano Meg (o lo farebbero, se avesse amici), schiava di Ade e palpitante passione di Hercules. 



Megara vestita di viola, che chiede a Herc se ha anche un nome oltre tutti quegli ondeggianti pettorali, Megara dalle caviglie deboli, Megara che è grande e forte, sa allacciarsi i sandali e tutto il resto. Megara dalla camminata ondeggiante, i capelli lunghissimi, le braccia esili, gli occhi immensi e viola, Megara la caustica, la supersexy, Megara dal passato difficile, Megara senza fiducia che decide di buttarsi sotto una colonna di marmo e morire, e lei muore sul serio (non si addormenta per cent'anni, non finisce sotto ad una teca di vetro vegliata da sette nanetti necrofili, non rimane senza voce né ritorna a fare le pulizie della casa della matrigna) fino a che il suo Herc non la va a recuperare nell'oltretomba, per salvare l'uomo che ama, che ha imparato ad amare; Megara che non si rassegna, Megara che diventa schiava di Ade per salvare un altro uomo che poi la tradisce, Megara delusa dalla vita che però decide di provarci ancora, crederci ancora, e questa volta ci riesce.
Questa volta lo trova l'uomo che non la lascia più, che muore per lei ma solo dopo che lei è morta per lui, che se la porta sull'Olimpo e poi decide di tornare indietro, con lei, per lei, da lei.
Megara con le palle quadre, che non chiede niente a nessuno, che si sente sola e si vergogna ad innamorarsi, che non palpita nei boschi canticchiando canzoni d'amore ma urla alle muse che lei lo ama, hai voglia se lo ama, ma non glielo dirà mai; Megara che preferisce essere sola, perché così nessuno può ferirla, che è in assoluto la più carismatica e figa eroina Disney.
Megara, da cui ogni giorno prendo esempio, Megara da cui ho ereditato le caviglie sottili e sicuramente deboli, che forse non è brava con le parole ma darebbe la vita all'istante per salvare qualcosa o qualcuno che ama - che non ha paura di niente, perché fondamentalmente ha già perso tutto.
Megara è un'eroina vera, senza topini, fate, magie o sotterfugi, che cammina a testa alta nel mondo e fa tutto da sola, si sacrifica e basta senza sapere che una salvezza è possibile, che muore ad occhi chiusi per una causa più grande di lei, per salvare la Grecia, per salvare chi ama, e forse per salvare sé stessa: salvarsi dagli errori del passato, da un'esistenza arida e crudele, da un amore che non le è concesso perché fondamentalmente ha molto peccato - moltissimo, ma non abbastanza da arrendersi.