Intendevo creare un certo tipo di bellezza che non fosse così bella come l'avevo non voluta. Questo mi ha lasciata senza molto di quello che avevo una volta intenzione di fare, e fui costretta a cambiare idea. L'intenzione era fare resoconti migliori. L'intenzione era fare più domande.
R. Blau DuPlessis, L'intenzione era dire
Io soffro il freddo, moltissimo. Non so se è perché sono diabolicamente
magra, ma sta di fatto che tengo il piumone anche a Ferragosto, e sono
fisicamente impossibilitata a dormire senza calzini, la mia temperatura
corporea ammonta ai 35 gradi. Pensavo che mi sento stanca, pallida,
brutta, mi sento una vichinga indurita negli anni (e nel pelo) dal
gelido, ostile Nord. Le mani sono fredde, così fredde che non sembrano
nemmeno mie.
E' stato un duro inverno, non accenna a finire, almeno non a Milano che somiglia sempre di più a Detroit, in peggio. Diciamolo, è stata una primavera difficile e per certi aspetti nemmeno una primavera, non ha fatto che piovere fuori e dentro. Manca meno di un mese all'estate e nessuno se n'è accorto, mi chiedo come facciano a sopravvivere le piante, le foglie - forse sono più coriacee di noi, io ho passato mesi ad arrampicarmi alle mie lenzuola nel tentativo di non pensare a tutto ciò che c'era da affrontare, a quante "fine" si sarebbero svolte al di là delle palpebre. Lo stage, il dire addio, il dover salutare ogni cosa, le cicatrici: nelle difficoltà non ho mai messo in dubbio di voler profondamente bene ai miei colleghi, e nemmeno per un secondo ho dubitato di non essere ricambiata. Sono cose che non si dimenticano.
E subito dopo la laurea, un'altra fine e appena dopo la fine beh il vuoto, il gelido abisso della disoccupazione tout court: "E adesso che c*zzo faccio?".
Ho passato gli ultimi due mesi a campare dei miei risparmi finendo una tesi, e poi andando a dei colloqui per sentirmi chiedere se sono interessata a un lavoro porta a porta da un uomo gentile, così gentile che non hai nemmeno voglia di ribellarti e metterti a piangere, e l'unico diritto che ti resta è sorridere, mentire, andartene.
Con una gran voglia di strisciare verso la fermata del pullman, coi tacchi alti ai piedi su una statale e sembravo un'avvilente e avvilita prostituta barely legal e invece mi hanno chiamata per un altro colloquio, questa volta sembrava un lavoro figo e infatti il giorno dopo ci sono andata. I tacchi bassi facevano un suono piacevole sul pavimento pulito di un bel palazzo, in una bella via della Milano quella vera.
E salendo le scale, masticando inadeguatezza, ho ripensato alla primavera, a quanto sia ingiusto il fatto che non l'abbiamo vista, che non la vedremo per un altro anno. Ho pensato alla primavera, a tutto quanto che nasce, al sole che formicola sulla pelle stanca, pallida, assetata. Ho pensato ai fiori, agli alberi, alle foglie: sono lì, sopravvivono, curvi piangono i loro morti e ostinatamente si colorano, sopravvivono, esattamente come noi. La primavera non si è fermata a dormire, ma di tanto in tanto ci ha fatto una visita: era primavera quando lo stage è finito, il tramonto era molle e potente, io ho respirato e ho pensato di aver fatto il mio dovere, mi sono voluta un gran bene. E il caldo era torrido quando mi sono laureata, aprile si vestiva di maggio, tutto era movimento era vita era odori. Dopo la cerimonia ho tolto il vestito elegante, mi sono finalmente rimessa i jeans, una maglietta di cotone, sono tornata al mio posto... Chissà dov'ero andata, chi era quella lì. Il giorno della mia laurea sembra appartenere alla vita di un'altra: una tizia elegante, sorridente, sicura di sé, che espone perfettamente circondata da amici e parenti, così tanti che fanno fin troppo casino. Sono ultras, sono lì per lei. E' ben truccata, disinvolta, molto ansiosa di fare bella figura. E' una vita meravigliosa, ma è la vita di un'altra - forse per questo ho saltato la cerimonia ma mi sono presentata all'aperitivo in jeans, c'erano pochi amici, i migliori, e un aperitivo a Milano, le risate a denti scoperti, ecco sì quella è la mia vita, ed è altrettanto bella, è il paradiso terrestre, è il cum laude dell'esistenza.
Anche quando sono andata in montagna era primavera. Ad aggiungere altro mi sentirei una sciocca, e allora dico solo che indossavo una maglietta di D. a maniche lunga ed esibivo al sole le palpebre chiuse. Il viso bollente, il corpo rinforzato dall'aria sana e fresca, il rumore dell'acqua che le foto non raccontano. Le foto raccontano una coppia innamorata di ragazzi giovani e svegli, che ridono, si vogliono bene, sanno anche essere grandi amici. Una coppia sana, che pare stiano insieme da sempre. Ecco, è tutto vero, è esattamente così - e poi c'è il rumore dell'acqua, quella parte in cui siamo solo noi, quella cosa che gli altri non vedono, che ci guarda e ci riguarda, come una Promessa che non sapevamo di dover mantenere, come il sapersi semplicemente persone simili, affini, ugualmente bizzarre. Ecco io questa cosa non ve la posso raccontare, ve la posso solo augurare.
Ho ripensato a tutto questo, davvero, storie di giorni in pochi minuti, ho fatto il colloquio ed è andato molto bene, il lavoro non sembra è figo e comincio lunedì. Ecco, sì, ho fatto tutta questa lacrimosa premessa per dirvi che ho un lavoro, figo. Ho ricordato ciò che ho scritto alla fine del 2012 (lo trovate qui: click) quando ho intenzionalmente evitato di fare i buoni propositi, sapendo che li avrei mandati tutti a puttane.
Per il 2013 chiedo di ricordarmi ogni giorno che si vive per vedere i
dolori del presente passati, e che non tutto ciò che amo è lì per
essermi portato via.
Per il 2013 chiedo lavoro, doveri, responsabilità - chiedo di sapere
cosa significhi il crescere come esperienza positiva, non solo
attraverso la sofferenza ma anche e sopratutto attraverso ciò che di nuovo ti
scopri in grado di fare.
Per il 2013 chiedo poco, quasi niente, solo scudi ed armi nuove.
Lavoro, doveri, scudi ed armi nuove. Il coraggio di agire, di rubare quando si ha fame - sono tutte cose già scritte, e forse per questo reali: sono tutte cose già dette, e sono arrivate, forse perché le ho chieste, attese, sperate, desiderate, auspicate, sempre sapute, custodite dentro, negli anni, nei vuoti, nella certezza spietata che ci sia un posto per me là fuori, nel vasto mondo - da qualche parte.