O, "Cose che mi è capitato di scrivere" o, "Fino a qui tutto bene" o, "Perdoname madre por mi vida loca" o "Disperata erotica stomp", o "Il lungo inverno della negazione".
Non ho riti né tradizioni. San Valentino quest’anno non è esattamente
la mia Festa, né lo è mai stata. San Valentino è trascorso ed è trascorso in
pace, come non fosse mai esistito; San
Valentino è stato un sabato qualsiasi fatto di scadenze e pranzi e impegni.
Vissuto tutto quanto, come sempre, in negazione. Se dovessi parlare all'amore
gli direi non lo so fare, amore, l’amore. Mi interrogo sulle conseguenze del
negare l’amore, negarlo a me. Viverlo come qualcosa di distante, perso, forse
mai avuto né concepito. Mi interrogo sulle conseguenze del vivere tutto quanto in
negazione. L’inverno mi ha incrostato le ossa fino al midollo e questa è, in
effetti, l’unica cosa che non posso negare. Ho già spiegato di come la realtà a
volte non sia che una patina grigia, ho già discusso della lunghezza dei minuti
e del suicidarsi del sole, ogni giorno, al di là delle finestre. Si sta bene
quassù. A volte quassù, al quarto piano, tra le cose più impalpabili e vere,
tra la polvere e le pagine, capita che ci si senta soli. Succede al pomeriggio
– succede di domenica. La vita è quasi tutta nella domenica. Si sta bene
quassù. Anche se si è soli.
Honey, I’m on fire. Sta passando Lana Del Rey. Con quella bocca da puttana e la voce impolverata, stranissima. Nemmeno mi piace, Lana Del Rey. Eppure è uno di quei brandelli di verità; parole, poche e apparentemente semplici, che ti marchiano da qualche parte. Marchiano, appunto, come il fuoco – e restano. Sei arrabbiata? Sei nervosa? Sei arrapata? Sei depressa? No, o forse sì, sì tutte le cose insieme. Honey, I’m on fire. E ci sono da sempre. Arrostisco. Oggi penso al fuoco. Sono belli gli elementi, tutti dovrebbero scriverne, in continuazione. L’acqua, l’aria, la terra e il fuoco. Nessuno sui blog scrive mai delle giornate che sono fatte di fuoco perché non è possibile fotografare il vento, non è possibile raccontare l’acqua – nemmeno quella delle fontane. Scriviamo di tessuti, di INCI, del Jobs Act, dell’ultimo libro (!!!) di Gramellini, di tech, di lifestyle, del coriandolo e del fatto che sia fondamentale utilizzarlo in tutto assolutamente tutto per prevenire il cancro. Oggi penso al fuoco e se potessi scriverlo su tutti i muri, scriverei qualcosa che riguardi il sole; a volte il fatto che ci sia il sole può bastare e non è perché sono una santa, ma perché sono una stupida. In un mondo in cui la logica ti induce a desiderare di più io mi rendo conto di volere sempre meno, della “rinuncia come atto più nobile dell’uomo”. Ciò che una volta era lavoro di lima adesso è bombardamenti, e terra, e fuoco. Distrugge tutto e lo fa sull'arrampicarsi degli istanti, poi si spegne. E io mi interrogo. Sulle conseguenze del vivere tutto quanto in negazione.
La Festa della Donna è passata e abbiamo avuto le nostre
mimose (io non le ho avute, ma ho riletto di Margherita e del Maestro e della
celebre giornata che odorava di mimose, quindi so il fatto mio) e il muggire
intollerabile della pubblica opinione. Ci ammazzano troppo, ci ammazzano troppo
poco, donna & mamma, donna in carriera, se ti piace farti sculacciare farti
passare il ghiaccio sulle reni o perché no le orge, cosa sei esattamente, sei
una troia, sei una donna emancipata? e il fatto che tu vada in Chiesa fa
comunque di te un’ipocrita e volendo, una sfigata, oppure sei una donna
virtuosa, così virtuosa che come dice Samantha Jones dovrebbero toglierti “il
bastone dal culo e infilartelo nella passera”, mi chiedo ti interesserebbe
leggere le 10 regole IMPRESCINDIBILI per essere una brava madre? qui c’è il tuo Cosmopolitan, gustatelo, “5 segreti per
farlo impazzire a letto”, sarebbe il caso di dedicare altre due righe alla
piccola Yara, chissà cosa ne pensa Gramellini, intanto su Mashable e su Instagram si
scatenano guerre femministe insanguinate come le proprie cosce nel proprio
letto, proprio l’otto marzo, proprio adesso, proprio a me. Sì, la Festa della Donna è passata. Le mimose, beate loro, sono morte. Io mi interrogo, rassegnata, sulla Festa della Donna e sulle
conseguenze del vivere tutto quanto in negazione. Le conseguenze. Che effetto
farebbe, che so, scaraventare un corpo (di donna, uno qualsiasi) al di là del
quarto piano. Però poi non faccio niente. Mi interrogo e basta, e se proprio ho voglia di emozioni forti mi preparo un caffè e mi infilo una mano nei pantaloni - del pigiama, ça va sans dire.