expr:class='"loading" + data:blog.mobileClass'>

5 marzo 2012

Storie d'infanzia vissuta

Commuoversi : provare un vivo sentimento di pietà, di meraviglia, di affetto
Commozione: stato d'animo caratterizzato da intensi sentimenti, vedi anche emozione

Ho cinque anni e sono in braccio a mio padre; sono un po' stanca, ma non al punto di mettermi a fare i capricci, che peraltro non piacciono a nessuno, nemmeno a me.
Siamo ospiti da amici, non posso certo chiedergli di portarmi a casa adesso, sento che si sta divertendo, che è rilassato, che non è ancora giunto quel momento in cui mi prenderà in braccio e mi caricherà in macchina, quando starò già dormendo.
E poi c'è il Festival di Sanremo, che mi piace tantissimo.
Il presentatore è elegante, le ballerine sono bravissime, e le cantanti indossano abiti meravigliosi dai colori sgargianti, portano tutte i capelli lunghissimi e mi piace pensare che un giorno li avrò così anch'io, ora non posso perché i miei familiari hanno deciso che dei capelli così ricci e così sottili sono già abbastanza difficili da pettinare, e poi sono stanchi di inseguirmi con una spazzola e di sopportare le mie urla, 'meglio tenerli corti, hai degli occhi così belli, non vogliamo nasconderli'.
Quando sarò grande avrò capelli lunghissimi come le soubrettes della televisione e le principesse Disney, e mi pettinerò da sola, e degli occhi non m'interessa, perché tanto porterò gli occhiali - che mi piacciono quanto il Festival di Sanremo, peccato non averne bisogno, ci ho sperato tanto quando mi hanno portata dal dottore, ho persino finto di non vedere bene ma non devo essere stata tanto brava, nessuno mi ha creduta. 
Mi piace la canzone di Bocelli, diciamo che mi piace Bocelli perché ha la barba scura ed una voce forte; mio padre dice che non è un granché, che secondo lui finge di essere cieco, ma poi ride.
Non capisco mai quando scherza.
Gli dico che se Bocelli apre appena le palpebre ha gli occhi bianchi, lui dice 'hai ragione' e poi riprende a guardare il Festival, e lo guardo anch'io; non capisco molto di musica, preferisco ammirare gli abiti e le luci lottando col desiderio vorace di mettermi a dormire in quell'incavo soffice tra le braccia di papà.
Poi una donna, bellissima nonostante i capelli corti, canta una canzone e gli occhi le brillano; ha il rossetto e gli orecchini, altri orpelli che mi sono vietati perché la nonna dice che è 'una cosa da tamarri' permettere ad una bimba di cinque anni di farsi i buchi alle orecchie o truccarsi.
La canzone sembra bella, orecchiabile, è lenta come una ninnananna.
Non capisco bene il testo, solo il ritornello che dice 'ciao ciao bambina, un bacio ancora, e poi per sempre ti lascerò...' e mio padre mi afferra il viso con le mani e mi canta questa canzone, vedo che ride, che scherza, che lo fa perché la canzone gli piace ed ha voglia di cantarla, e infatti dice 'eh questa era proprio bella'.
Le ultime note risuonano nell'aria, attraverso la televisione; e un'emozione potente mi attraversa lo stomaco - è come una meteora.
Penso a quell'uomo che è uguale al mio papà, che saluta con un bacio ancora me, la sua bambina, per poi lasciarmi per sempre da qualche parte; e allora piango, forte e senza ritegno, pulendomi gli occhi e il naso nel cachemire del maglione di papà, e tutti mi chiedono cosa sia successo e io non so spiegarlo, so solo piangere ancora, e ancora, e ancora e chiedere insistentemente di andare a casa con la voce che si fa sempre più acuta, e papà si arrabbia, mi dice di non fare i capricci.
Vorrei spiegarmi, ma mi vergogno; e allora permetto che i nostri amici dicano 'è stanca, povera stella' e mi lascio portare a casa, papà non mi prende in braccio ed è visibilmente arrabbiato, piango per tutto il viaggio di ritorno - questa volta anche di frustrazione, sono nervosa perché nessuno ha capito, nessuno ha pensato che una canzone del genere avrebbe potuto sconvolgermi, hanno preferito credere che fossi stanca.
Mi lavo i denti, infilo il pigiamino, papà mi solleva sul letto e mi mette sotto le coperte, mi da un bacio e mi dice 'non farlo più', io chiedo scusa e faccio un po' di fatica ad addormentarmi; quella canzone mi rimbomba nella testa, l'ingenuità degli adulti mi deprime, stringo il mio orsacchiotto che si chiama Francesca (tutti i bambini sono strani, a volte io penso di esserlo di più), infilo il pollice in bocca e penso che non conosco il nome dell'emozione che mi ha colta, non so perché mi sono messa a piangere quando ero perfettamente serena, ma so che non me ne dimenticherò mai più. 

Questo è un episodio d'infanzia realmente avvenuto nonostante mio padre sostenga di non ricordarsene assolutamente; buffo come certi momenti rimangano per sempre impressi nella memoria di una per eclissarsi inesorabilmente in quella dell'altro, ho fatto fatica a scriverne e maggior fatica farò a pubblicarlo - ancora adesso mi sento morire d'imbarazzo ripensando a quella serata in cui la mia maschera di bimba stoica è definitivamente crollata.
Il Festival di Sanremo non mi piace più, ho avuto i capelli lunghissimi, gli orecchini ed il rossetto, ma non ho mai portato gli occhiali - che per inciso mi stanno malissimo; quella canzone, che poi sarebbe 'Piove' di Domenico Modugno non l'ascolto se posso evitarlo, e Francesca mi cadde di mano l'estate di quello stesso anno mentre ero in nave vicino all'Isola Del Giglio, ricordo il suo piccolo corpo peloso cadere lentissimamente verso i flutti e poi sparire - spezzandomi il cuore.
Non dormo più col pollice in bocca, ma l'ingenuità degli adulti continua a deprimermi, e sia della prima che della seconda cosa sono assolutamente fiera.

2 commenti: