Che la rubrica della psicologa Irene Bernardini (Vanity Fair) mettesse un po' a disagio lo sapevamo già.
Non che quelle degli altri giornali siano migliori, gli schemi sono sempre quelli, risposte superficiali a questioni complesse: a chi tradisce (o è tradito) si dice di far fuoco e fiamme, a chi parla di solitudine e depressione si risponde con baci e bacetti, e ai pochi che sottopongono questioni preoccupanti si suggerisce di rivolgersi a uno psichiatra.
Insomma, a chi e a che cosa servano rubriche come queste nell'epoca di internet non è proprio dato saperlo - ma qualcosa di più utile? Tipo una pagina sui dieci grandi classici da leggere almeno due volte prima di morire? O inserti di lavoro per gente dai diciotto ai venticinque anni? Ma devo essere io a dirvelo?
Che poi a me le rubrichette di "psicologia" mettono sempre di buonumore: mi piace pensare che se fallirò nella vita avrò sempre il mio qualunquismo pressapochista da presentare alle redazioni delle riviste di costume.
Oggi parliamo dell'ultimo numero di Vanity Fair (quello con in copertina il vescovo Giorgione, bellezza nordica e indicibile eleganza) e di Irene Bernardini, "psicologa di carta":
Alice, quattordicenne di Bologna, le dice di sentirsi esclusa e spaventata, soffre di ipotiroidismo e porta una 44 - si vede (già) grassa e sola ed è quel "già" a spararmi dentro.
L'Irene le dice che i dintorni di Bologna non sono poi così male, aggiunge che la andrebbe a trovare per scuoterla a parole, e per farla stare meglio poserebbe le mani sulle "spalle ben tornite" della ragazzina - frase che la ragazzina non avrà preso per un complimento, ma solo un altro modo per dirle che è "robusta", e quindi "grassa".
Poi apre una parentesi e dice testualmente: "Detto tra noi, se proprio vogliamo tener conto dell'apprezzamento maschile, e certo che lo vogliamo, i ragazzi amano la morbidezza del corpo femminile, perché di spigoli, nel corpo e nell'anima, ne hanno fin troppi da smussare".
A parte che la risposta è di una banalità imbarazzante, stiamo leggendo che le ragazze in carne sono meglio di quelle magre. Questione di gusti, certo, ma non a quattordici anni quando qualsiasi ragazza, grassa o magra che sia ha dei problemi col suo corpo - io ricordo che trovavo il mio corpo schifoso, ripugnante ed efebico, volevo la carne e il seno delle mie amiche, volevo sentirmi al sicuro in me stessa.
Insomma, rispondere a una quattordicenne che è meglio delle altre quattordicenni che hanno problemi da quattordicenni mi è parso un po' superficiale, ai limiti del cattivo gusto.
Le insegniamo che lei è meglio degli altri che hanno solo la colpa di essere nati in un modo diverso? Siamo sicuri che funzioni? Forse è meglio non mentirle, forse è meglio dirle questo.
Alice, non sono una psicologa ma te lo dico io: a quattordici anni portavo una 36 ed ero un cesso, un mostro vero. Gli ormoni devastavano il mio corpo e la mia psiche: ero sempre irritabile, triste, simpatica come una mammografia. Un ragazzo non mi avrebbe avvicinata nemmeno sotto minaccia di morte, probabilmente puzzavo anche un po' di sudore e avevo i capelli sempre unti perché non sapevo dosare il balsamo. Certo, non soffrivo di ipotiroidismo ma avevo le mie belle tragedie sulle spalle, che non erano tornite ma esili e non avrei lasciato che qualcuno ci appoggiasse le mani sopra - non sei malata e non sei grassa, hai quattordici anni e quella è un'età di merda.
Sono passati nove anni e in quegli anni non ho mai avuto nessuna difficoltà a piacere ai ragazzi, sono magra ma non bellissima, a volte carina a volte "solo" tanto simpatica e come te ho dei begli occhi, non verdi ma castani - e ho un'amica che ha sofferto di ipotiroidismo è che è fidanzata e innamorata da diversi anni, è tosta e intelligente.
Passerà e tu sarai la prima a riderci su, lascia perdere i "consigli dell'Irene".
Magari crescerai e la tua 44 diventerà una 38 e odierai il tuo naso, o magari ti piacerà il tuo naso e continuerai a portare la 44 - chi può dirlo, cara Alice? Forza e coraggio, gli anni più belli della tua vita stanno per arrivare, e spero che ti farai trovare pronta.
In ogni caso, milioni di donne comprano riviste di costume, alcune delle quali veramente belle.
Milioni di donne, milioni di euro che finiscono nelle tasche di chi ci lavora - una parte finisce nelle tasche della "psicologa" che beve un caffè e seleziona un paio di lettere da pubblicare, sceglie l'adolescente insicura che fa sempre tendenza (adesso poi, col cyberbullismo!) e scodella una risposta che è un po' un'offesa a quelle donne tutte ossa e spigoli che sono nate così o peggio, ci sono diventate per una malattia del corpo o della mente. Io non credo che si sentano belle, sapete? Non credo che spingere il proprio corpo a una magrezza eccessiva e letale sia un desiderio di essere più attraente per gli uomini, credo che sia qualcosa di un filo più complesso ma non vorrei sbagliarmi. Non sono mica una psicologa.
Cari giornali e caro Vanity Fair, togliete le rubriche di ammorbante mediocrità e ci mettete piuttosto un primo piano di Luca Argentero, un George Clooney sorridente, un Vincent Cassel vestito di un lenzuolo di seta - preferiremmo qualcosa di più utile, certo, ma ce li faremo bastare.
Vi prego, non dico licenziare le psicologhe...ma almeno assumere un ghost writer.