Cesare Pavese, La bella estate |
(L'estate,
come il sangue, era dappertutto ed era nelle conseguenze, nei capannoni oltre
la ferrovia, in particolar modo l'estate era nei cadaveri delle mosche che si
accumulavano sulle insegne dei bar ed era nelle notti che si allargavano fino
al mattino.) (L’estate, come sempre, cominciava in giugno. Salivo sul
treno e mi paralizzavo nel freddo così detto condizionato, che sa di plastica e che puzza come la plastica - non è l'amore, mi
dicevo, il punto - ma gli spazi tra le cose.)
(Luglio, torrido, era nelle conseguenze.)(Esagerava e si faceva sentire l'estate, bella, dei desideri; ricordi, il silenzio prolungato e senza colori, come l'autostrada che squarcia la pianura. Gli spazi tra le cose, tra le vite, tra noi due. C'era il verde violentissimo del mio bicchiere e il bianco spietato della sua camicia e il bagliore della sua pelle e avevo caldo, avevo sonno, avevo male; tutto si è fatto sangue, che è andato alla testa, che è andato dappertutto, che si porta appresso conseguenze e allora Addio. Ero stanca. Lo ero di tutto, dell'interezza, nell'interezza, la camicia e la pelle. Poi le scadenze, le date, "il sole dei tuoi occhi neri" e tutte le cose che per forza di cose (!) - lasciamo perdere, non sono questi i tempi, i luoghi. Addio, vaffanculo o più modestamente ciao. Arrivederci amore, ciao.)
(Luglio, torrido, era nelle conseguenze.)(Esagerava e si faceva sentire l'estate, bella, dei desideri; ricordi, il silenzio prolungato e senza colori, come l'autostrada che squarcia la pianura. Gli spazi tra le cose, tra le vite, tra noi due. C'era il verde violentissimo del mio bicchiere e il bianco spietato della sua camicia e il bagliore della sua pelle e avevo caldo, avevo sonno, avevo male; tutto si è fatto sangue, che è andato alla testa, che è andato dappertutto, che si porta appresso conseguenze e allora Addio. Ero stanca. Lo ero di tutto, dell'interezza, nell'interezza, la camicia e la pelle. Poi le scadenze, le date, "il sole dei tuoi occhi neri" e tutte le cose che per forza di cose (!) - lasciamo perdere, non sono questi i tempi, i luoghi. Addio, vaffanculo o più modestamente ciao. Arrivederci amore, ciao.)
(Agosto
scorreva lentissimo e snocciolava, come doni, i miei ventisei anni e tutti quei
bicchieri, la bella estate molto portava, molto portava via. Le cose si svolgevano al di sotto del cielo della vecchia, polverosa provincia ed è stato, anche, sapersi per qualche tempo in quiete, in pace, come i morti a
marcire nella canicola, da qualche parte tra la veranda e il bosco, nell'Agosto che scorreva lentissimo.) (L'estate,
come la vita, si svolgeva quasi tutta tra le cose più semplici, i binari e i balconi.
L'estate bella dei desideri si manifestava nella miseria e nella polvere. I
desideri si svelavano piano, mai pensati, nelle forme più imprevedibili: li ho
visti nelle rughe precoci di un tossico e nelle sue pupille, diceva “Vi
dovete sposare” e i desideri, a volte, sono gli inceneritori che ardono in questi posti dove non accade mai niente, le risse nei bar e la noia, la grazia. I binari, pensavo, nei binari; cristallizzare l'attimo, abbatterlo, incanalarlo in
qualcosa che somigliava moltissimo alla Morte e alla Felicità.)
(Agosto scorreva impazzito in tutti quegli aerei in tutte quei respiri in tutte quelle voci, femmine e amiche, sorelle forse, proprie come il sangue, e nelle cose che non avevo mai fatto. Snocciolava ancora, come doni, imprevedibili gesta e avventure che avvenivano in estate, appunto, era la bella estate dei desideri.)
(Settembre era alle porte e non sarebbe stata estate, non sarebbe stata bella, se fosse stata priva di lividi. Gli spazi tra le cose, le solite cose, si scandivano in geometrie perfette tra i platani e i binari del tram e dov'è che stavo andando? Ad annegare in un caffè e pensavo, se parlassi apertamente sentirei in bocca il sapore amaro delle sillabe e dopo di che finiremmo entrambi all'ospedale con le gambe rotte, schiacciati dal peso di tanta idiozia. A chi hai pensato, se hai pensato, mentre facevi, se facevi? Io ti ho pensato quasi sempre. In tutti quei caffè. E dico quasi perché io so, io ho bisogno di credere (ancora) che l’amore se fosse (ma non è), riempirebbe gli spazi tra le cose, tutte le cose, sempre. Berrei, adesso, un altro caffè. Che sia l’ultimo, invece non lo è mai.)
(Settembre era alle porte e non sarebbe stata estate, non sarebbe stata bella, se fosse stata priva di lividi. Gli spazi tra le cose, le solite cose, si scandivano in geometrie perfette tra i platani e i binari del tram e dov'è che stavo andando? Ad annegare in un caffè e pensavo, se parlassi apertamente sentirei in bocca il sapore amaro delle sillabe e dopo di che finiremmo entrambi all'ospedale con le gambe rotte, schiacciati dal peso di tanta idiozia. A chi hai pensato, se hai pensato, mentre facevi, se facevi? Io ti ho pensato quasi sempre. In tutti quei caffè. E dico quasi perché io so, io ho bisogno di credere (ancora) che l’amore se fosse (ma non è), riempirebbe gli spazi tra le cose, tutte le cose, sempre. Berrei, adesso, un altro caffè. Che sia l’ultimo, invece non lo è mai.)
...non ho mai letto Pavese, ma per colpa della mia profe di letteratura al liceo...
RispondiEliminatu mi hai dato un buon motivo per ricredermi, sai?
Ma l'indirizzo mail non funziona più?
RispondiEliminaVolevo scrivere una cosa all'autrice ma mi ha dato errore.. :(