Crudele Amore, a che cosa non forzi i cuori degli uomini.
A scendere ancora alle lagrime, ancora a tentar le preghiere
è costretta, a piegare l'orgoglio, supplicando, all'amore,
per non lasciar nulla intentato, per non vanamente morire.
(Eneide, Libro IV)
E quelle altre volte in cui mi sono sentita puttana pesante esigente antipatica infedele odiosa arrogante prepotente insensibile e sopratutto puttana, puttana e ancora puttana, così mi sono sentita e l'ho accettato sospirando forte perché per te avrei accettato qualsiasi cosa - mi guardo indietro, so di averlo fatto.
Ti ho amato più di tutto e tu hai amato me, e non parlerò delle cose bellissime perché quelle sono mie, mie e di nessun altro, non parlerò dei tuoi occhi che sono sempre stati color dell'oro o della realtà che sembrava farsi più densa e concreta quasi volesse scoperchiare il mondo ogni volta che facevamo l'amore (e ti mordevo le spalle, soffocavo in un grido il tuo nome, vedevo lampi di luce bianca, e avevo crampi alle dita dei piedi e brividi di ghiaccio ghiaccio bollente lungo la schiena) o dei weekend in campagna cullata dal canto delle cicale e dal tuo respiro profondo e maschio e ingombrante , non racconterò di istanti in cui ho creduto di essere in paradiso solamente perché mi stavi tenendo la mano; tutto questo ora non mi serve - ci sarà tempo per ricordare che bello è stato, ma ora devo riprendermi e stringermi forte da farmi male e per riuscirci ho bisogno di provare rancore e odio e veleno e poi sputarli fuori, guardarli morire sull'asfalto lentamente.
Avrei fatto qualsiasi cosa - l'ho fatta - non ci sono riuscita.
E' questo a ferirmi di più, è questo che mi sta lentamente ma inesorabilmente rendendo arida e sterile, nemica giurata di un sesso che ho sempre amato, intollerante agli uomini ai loro egoismi ai loro mondi in cui è difficile entrare alle loro violenze alle loro parole a quella capacità amara che hanno di farti sempre sentire una donna e come tale colpevole, colpevole fino a prova contraria e quella prova contraria non arriva mai, e anche arrivasse io donna riuscirei a ignorarla mettendomi le mani sulle orecchie e cavandomi gli occhi.
Ti ho amato ti amo e ti amerò sempre per un'infinità di cose che non starò a elencare; ti ho odiato ti odio e ti odierò sempre per come mi hai lasciata andare, per i pretesti che hai saputo afferrare, per quelle sere etiliche in cui volevo essere una ragazza, la tua, sorridente e felice e invece sono stata lapidata da silenzi densi e gravidi di offese malcelate con l'unica colpa eterna e immutabile dell'essere me.
La colpa.
La colpa che non c'è, ma che non riesco a levarmi di dosso - Eva mangiò la mela e io mangiai la foglia per giorni per mesi per anni per ore che sembravano lunghe un secolo, spossanti come un viaggio a piedi nudi, mangiai la foglia e non mi accorsi che era avvelenata, all'ora non lo sapevo e adesso lo so.
Lo so di non esserti mai piaciuta del tutto, di me hai amato un qualcosa che non c'era, che avrebbe potuto essere e non è stato perché io per prima non volevo che fosse; la persona che hai amato non c'era e se c'era non mi piaceva, la persona che sono forse non è mai stata all'altezza ma fidati fidati ci ha provato a camminare sui trampoli per assomigliare almeno un po' a qualcosa che andasse bene a entrambi.
Non ci sono riuscita, non ci sei riuscito, non ci siamo riusciti.
E per quanto riguarda le tue, di colpe, come si fa? - le conosco, le elenco alle amiche, le dico a me stessa ogni giorno, le scrivo persino, eppure sono parole vuote, bolle di sapone che scoppiano bruciandomi gli occhi quando tento di afferrarle.
Colpa mia della mia parlantina rapace delle mie parolacce al vento dei miei aneddoti surrealisti della mia ossessione per gli odori altrui della mia estenuante ricerca di piacere sempre a tutti dei miei abiti a volte troppo discinti dei miei abbracci dei miei momenti di gloria della mia persona così pateticamente esposta e vulnerabile e nuda agli occhi della gente - amo la gente e la gente mi ama e questa non è una colpa, eppure per te lo era e la cosa peggiore è che mi sono convinta lo fosse sul serio, e ora lo penso, e ora mi guardo e mi accorgo che è per questo che ti ho perso: non ho saputo liberarmi di me stessa, non sono riuscita a sacrificarmi sul tuo nome, non ho pensato valessi abbastanza.
Ho dovuto scegliere e ho scelto me - e se un giorno mi dirò che è sano, se un giorno mi dirò che è giusto, se un giorno dimenticherò che cosa si prova nel sentire sulle proprie spalle il peso di una colpa così grande, appiccicosa, asfissiante e sgradevole allora forse capirò che è stato meglio così.
Fino a quel giorno qualcosa di me continuerà a detestarsi e volersi far male, raschiare gli zigomi contro a un muro e spezzarsi le dita nel tentativo di afferrare il mostro che ho dentro, scarnificarlo e sputargli addosso mentre muore solo per poterti guardare in faccia e dirti orgogliosa che sì, ora sono come tu mi vuoi.
Fino a quel giorno che sarà un giorno bellissimo io sentirò la colpa, e quando non la sentirò più vorrà dire che il fantasma di questo amore conclusosi nel modo più brutto se ne sarà andato, portandosi appresso ciò che era di me la parte più vera - e se crescere vuol dire anche limarsi e rinunciare io lo accetto, posso accettarlo, solo avrei preferito non doverlo scoprire mai, non così, non con te.
perché tutte noi abbiamo una cassa,un forziere antico nascosto in soffitta,in cui leghiamo e imbavagliamo la vera essenza della nostra persona.perchè non vogliamo che il mondo la violenti, perché non vogliamo che nessuno la ferisca, perché non vogliamo che venga delusa dal giudizio di un altro. e ci vestiamo e usciamo e con il copione perfetto stampato in testa recitiamo sul palco della vita improvvisandoci ciò che il pubblico vuole da noi.poi un giorno torniamo a casa, saliamo le scale della soffitta e il baule è aperto e chi c'era dentro è scappato per respirare e correre e denunciare il nostro crimine, a mostrare la verità che credevamo di aver ucciso. ma prima o poi il polverone si sedimenterà e il mondo indifferente continuerà a girare, e scoprendo che nessuno può ferirci più delle nostre colpe chiuderemo la soffità e cominceremo a vivere
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