Il nostro non è un rapporto equilibrato; certo, poteva andarci peggio, ma sono consapevole del fatto che non sempre mi sono presa cura di te come avrei dovuto, ma del resto nemmeno tu hai soddisfatto del tutto le mie aspettative. Ho fatto centinaia e centinaia di volte l'elenco delle cose che odio di te, l'ho fatto nuda davanti allo specchio avvolta solo in un asciugamano, ti ho guardato per lunghissime ore, quasi mai ti ho amato intensamente interamente con tutta me stessa; il più delle volte ti ho tristemente accettato per com'eri, ma criticandoti a gran voce. Ho cercato di mascherarti, di cambiarti, di celarti, altre volte invece ti ho esposto impunemente agli occhi della gente ma non sembrava che tu ne soffrissi; ho camminato seminuda su spiagge neanche troppo deserte, ho inflitto ferite, fumato sigarette e sigarette che fan ridere, bevuto alcolici, raramente ho mangiato a dovere, con te. Non ti ho amato né trattato come un tempio ma solo come un involucro scialbo che speravo e spero chiudesse e chiuda qualcosa d'altro, di più bello, di meno effimero.
Forse ho imparato ad amare e coltivare così tanto me stessa, la me stessa che sta
dentro, perché io e te non siamo mai andati troppo d'accordo, perché non mi hai mai soddisfatta del tutto, non mi hai convinta, non mi sei piaciuto, e se con gli anni ho imparato ad accettarti per come sei dubito che saremo mai grandissimi amici, ti cambierei volentieri con qualcos'altro anche immediatamente, fidati.
Di te ho sempre detestato la rotondità e la sfuggevolezza del mento, quel mento che sicuramente con gli anni cadrà e somiglierà alla pelle flaccida di un animale ormai morto; e raramente ho potuto sopportare la sottigliezza eccessiva delle caviglie, il sorriso un po' storto, la pelle opaca e malaticcia e grigiastra, le ossa sporgenti tra un seno e l'altro, i fianchi morbidi, la pancia rotonda e dura, le sopracciglia quasi mai in ordine, i lineamenti troppo sottili accartocciati tra loro in un viso infantile e banale.
Non mi permetti quasi mai d'indossare la gonna, lo capisci questo? O di andare in giro struccata - che poi, andrei in giro struccata tanto quanto andrei in piazza Duomo senza mutande, e persino le scollature eccessive ti turbano, ti infastidiscono, e quando mi sono tagliata i capelli ho sentito lamentarti e stridere e impormi una dieta che non era una dieta ma un'autopunizione, perché d'improvviso t'era venuto in mente che la mia faccia era un po' troppo esposta, troppo rotonda, meglio affilarla un pochino mangiando una mela per pranzo, un pacchetto di crackers per cena.
Tu mi comandi, da sempre, e io per ripicca ti tratto un po' più male del solito; no, non è un rapporto equilibrato ma poteva andarci peggio, c'è chi c'è morto per mancanza di equilibratezza con tipini tosti come te, come tutti quelli come te, che pretendete di fare il bello e il cattivo tempo ma di fatto siete voi ad essere così disgustosamente imperfetti, siete sempre
voi la causa di tutto quanto.
Ma ora basta con le cattiverie, non per sempre, solo per un po'.
Vorrei essere dolce, quest'oggi; non perché lo voglia davvero ma perché mi è stato chiesto, mi è stato chiesto di scriverti con la massima obiettività possibile e io vorrei trovare il coraggio per dirti anche qualcosa di bello; e qualcosa di bello c'è, di sicuro, è che m'imbarazzo a morte a parlarne, a scriverne, rivolgendomi a te in seconda persona come fossi un estraneo, quando in realtà sono ventitré anni che ci conosciamo e malgrado tutto abbiamo anche saputo volerci bene.
Ecco, da quì forse dovrei cominciare: dal fatto che ti ho voluto bene, te ne voglio ancora, con tutti i tuoi limiti e i miei, diciamo pure che io ti amo; ed è per questo che ho comprato una bicicletta, che mangio un sacco di banane, di yogurt, che ti porto dappertutto e con la bella stagione ti faccio vedere agli altri e quasi sono orgogliosa che tu sia roba mia, sai?
Di te mi piacciono le ossa, tantissimo.
Sottili, un po' sporgenti, ben fatte; e le gambe, che sono snelle e toniche, e i piedi piccoli e perfettamente rosa, le mani femminili un po' da strega, le unghie forti che non si spezzano mai, mi piacciono le labbra che sono sempre rosse, e i capelli che sono soffici, biondi e disordinati; mi piace il tuo seno che è piccolo, bianchissimo, discreto, e gli zigomi alti, le clavicole.
Ma di te, sopratutto, mi piacciono gli occhi; quanto ti guardo negli occhi io quasi riesco a perdonarti tutto il resto, ti guardo negli occhi e vedo che sono grandi, profondi e scuri, che brillano sempre di piccole luci, e le ciglia sono nere e lunghissime, così lunghe che un filo di rimmel le rende semplicemente sensazionali.
I tuoi occhi sono la cosa più bella che hai, quella che più felicemente fai vedere alle persone, quella che da sempre ti rende un po' diverso, migliore, attraente nonostante tutto - quegli occhi sono tali e quali a quelli del corpo che ti ha generato, e sono belli, bellissimi, ed è in quegli occhi che io ti amo più che mai.
Forse dovrei scriverti più spesso, pensarti più spesso, e più spesso coccolarti; forse dovremmo prenderci un pomeriggio alla settimana almeno per stare solo io e te, fare un bagno, accarezzarci, metterci ogni volta una crema nuova, e inutile negarlo anche fare l'amore.
Dovremmo andare in palestra, mangiare insieme, smettere di fumare, correre nell'erba.
Dovrei concentrarmi suoi tuoi occhi quando vedo che la pelle o le caviglie o i lineamenti mi hanno fatto di nuovo arrabbiare, essere più indulgente, rispettarti di più, sei ancora tanto giovane ma è tempo di diventare più responsabili, di crescere insieme, di invecchiare anche - e almeno questo non ci fa paura.
Ed è una cosa che devo fare da sola, perché tu non sei altro che un piccolo corpo vuoto, e senza di me saresti perduto, un giorno lo sarai; la smetterò di ignorarti, criticarti, nasconderti, imparerò ad amare quello che di te ho sempre odiato, e comincerò a prendermi cura di te, anche e sopratutto quando farai i capricci, mio piccolo corpo vuoto, involucro fragile e in cui trasportare la vita - per ora 'soltanto' la mia, magari un giorno anche quella di qualcun altro, chissà, che importa.
Tu dammi una mano, cerca di non tradirmi, o di farlo il più tardi possibile - al resto penserò io, è ora che ci pensi io.
Doverosa postilla: Non sono impazzita, oggi la mia dottoressa mi ha chiesto di scrivere una lettera al mio corpo, dopo una lunga ora in cui abbiamo parlato di tante tantissime cose; le è venuta quest'idea, e mi è sembrata una cosa carina. Poi, avendo io un disturbo istrionico della personalità autodiagnosticatomi ho deciso di pubblicare ciò che ho scritto, nella speranza di non sembrare affetta da bipolarismo isterico, ciò che avete appena letto altri non è che una Lettera al mio Corpo, saluti e baci.