'Regalare la vita', è questo a cui ho pensato, stanotte, appena prima di dormire, Alfonso stretto sotto al braccio sinistro e le gambe appoggiate al petto, il respiro sommesso del mio cane, il rumore del vento tra gli alberi del giardino. 'Regalare la vita', io penso si possa farlo, se lo si vuole, se ci si conosce così profondamente e bene da sapere che cosa realmente serve - e ieri sera ci siamo regalate la vita. Non so le altre due, ma so che io e te non ce la passiamo tanto bene di recente, per motivazioni diverse, e sicuramente incomparabili, abbiamo visto giorni migliori, eppure è la Vita che abbiamo voluto regalarti e regalarci: 5 luglio, Heineken Jammin' Festival, quattro biglietti per quattro amiche all'avventura.
Io a parlare delle mie amiche mi sento sempre come una di quelle ragazze superinnamorate che non sanno fare a meno di sciorinare frasi e canzoni e lacrime e immagini su quanto sia bello e buono il loro fidanzato; le ragazze così non le ho mai potute sopportare, forse perché quando si tratta di 'amore in una coppia' io mi chiudo in me stessa e non sono capace di parlarne, di scriverne, forse perché l'amore, l'amore in una coppia, è un sentimento che sovrasta e intimidisce e sopratutto un po' rimbambisce, siamo seri.
Ma quando parlo, o scrivo, o racconto delle mie amiche gli argini della timidezza si sfasciano davanti ai miei occhi e una sensazione di amore piena e prepotente semplicemente m'invade, sale dallo stomaco come un'indigestione e si arrampica sull'esofago e poi in gola e riempie la bocca, gli spazi, il mondo intero, un nuovo post, l'ennesima nota di Facebook, una lettera a un parente lontano. Quando ci siamo conosciute l'avevamo capito che era speciale, e tutto attorno a noi ci diceva invece che non lo sarebbe stato: che a quattordici anni è normale prendersi una cotta pazzesca per le persone che hai attorno, ma che sono rapporti che col tempo semplicemente si logorano, si rivelano per la loro caducità, finiscono nel dimenticatoio assieme alle scarpe imbarazzanti della prima adolescenza, a volte ne rimane una cicatrice come quella della varicella, ma nient'altro. Io ne ho avute di amicizie così, di cotte così, per maschi e femmine che per qualche mese ho considerato parte integrante del mio universo e che poi sono semplicemente andate, per tacita ma consensuale scelta di entrambi i fattori, io e lei, io e lui. Voi invece ci siete sempre state, e non perché fosse giusto, o scritto nelle stelle, e non perché non c'era alternativa, ma perché vi andava di farlo, esattamente come a me è andata di rimanere, e tra un mese e l'altro, una vacanza e una gita, una confessione e una litigata, son passati così tanti anni che non riesco più a contarli e nemmeno m'interessa - perché siete parte integrante della mia realtà, della mia vita, della mia persona, e mi emozionate ogni giorno come nessun amore è mai riuscito a fare. Mi piace raccontare alla mia psicologa che la sensazione d'inadeguatezza che avverto in ogni mia storia è forse data dal fatto che io con voi ho avuto e ho tutto, che tutto l'amore di cui sono capace ha già un nome sopra, ed è il vostro.
L'impressione bruciante del 'non bastare', le insicurezze, le paure, l'incapacità di amarmi veramente, quella feroce ansia del non essere accettata, la sensazione di non poter essere mai abbastanza brava, bella, giusta, in gamba, divertente, comprensiva, sexy e intelligente, con voi semplicemente evapora. Io vi voglio così bene perché in mezzo a voi sono riuscita a voler bene a me stessa, profondamente e senza remore, e la persona che sono con voi è qualcosa che accetto, amo, come se io stessa potessi essere per un po', solo per un po', la mia migliore amica - qualcuno con cui mi va di condividere l'esistenza, una faccia che mi piace, un corpo che sento come mio, una personalità che non avverto ingombrante, fastidiosa, sbagliata. La gioia placida di chi è amata incondizionatamente, e con tutto il cuore, in ogni sbaglio; telefonarvi alle sei del mattino, dire che ho ucciso un uomo, sentirvi rispondere assonnate 'porto la pala?', ecco cos'è, tutto questo Amore, tutta questa Sazietà del corpo e dello spirito.
Sapere, averlo scritto addosso, che come dice Ligabue 'quella che non sono a voi basterà', e basterà a me, finché sarete al mio fianco - e su questo non ho dubbi, che al mio fianco ci sarete sempre, e mi sembra un'ottima motivazione per sentirmi fortunata e orgogliosa, raccontare ai parenti sul letto di morte che qualcosa di buono, qualcosina che si chiama come voi, almeno quello l'ho combinato.
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